‘A badduzza

Che sapore, hanno i ricordi del Professore Antonino Russo! Diventano in un attimo i ricordi di tutti, bagheresi indigeni e di adozione. Si cerca con la memoria di ricostruire i luoghi e gli eventi. Sembrano quasi episodi di un sogno che si ripropone di notte in notte con sempre nuovi particolari. Rapsodie oniriche di una città lontana che non è più.

La via Paternò a Bagheria è la prima traversa a destra della via Goethe, scendendo dal Corso Umberto I°, accanto al palazzo Ugdulena, il palazzo del Comune. Si tratta di un vicolo che si chiude presso alcuni corpi bassi sormontati da statue in tufo che circondano il Palazzo Palagonia.
Nel corpo basso che chiude la via, nei pressi della chiesetta di palazzo, abitava un signore, chiamato Badduzza perché era corto e grasso e, se raggomitolato sarebbe stato simile a una pallottola. La moglie, donna Lorenzina, era una persona mite e riservata. Quando donna Lorenzina è morta, un nipote della stessa ha incaricato mio padre di valutare gli oggetti presenti nell’abitazione per la loro vendita. Alla fine il nipote ha venduto anche la piccola abitazione. Il nomignolo badduzza è rimasto, però, alla stradina e resiste ancora oggi.

Io ho iniziato a frequentare ’a badduzza sin da piccolo. Era il luogo dei nostri giochi. Quello più praticato era il gioco del calcio. Le partite duravano ore e terminavano quando vinceva la squadra del più prepotente. La palla era composta da alcuni straccetti appallottolati e tenuti insieme da un pezzetto di spago trovato occasionalmente a terra. Quando questo strano aggeggio entrava nella casa di donna Lorenzina questa iniziava a strillare e ad imprecare contro noi ragazzini scostumati.

Alla fine ovviamente gli straccetti andavano nella spazzatura e noi dovevamo ricominciare la ricerca del materiale occorrente per ricomporre una specie di nuova palla.

Le porte erano delimitate da grosse pietre collocate a terra ad una distanza che variava continuamente. Ovviamente per la squadra che sosteneva di avere segnato il gol la palla era sempre entrata in porta, per i componenti dell’altra squadra invece non era entrata. Una partita difficilmente si svolgeva in maniera pacifica. Le interruzioni erano continue. Spesso si andava allo scontro e la partita finiva quasi sempre a mazzate. 
In effetti la via Paternò non era proprio un vicolo cieco. Quando la strada raggiungeva il corpo basso di villa Palagonia, essa svoltava a sinistra, per riapparire, dopo una curva, nuovamente su via Goethe.

Antonino Russo

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