Arriva il momento nella vita in cui non puoi più agire trascinato dagli eventi, per abitudine o con la paura di aprirti al nuovo. È il tempo della svolta, in cui sei solo davanti a te stesso e a Dio, dovendo assumerti la responsabilità di una scelta che non sai ancora se sarà quella giusta.
È la fase della maturità, che a volte vorremmo non arrivasse mai, preferendo rimandare decisioni scomode che potrebbero cambiare stili esistenziali su cui ci eravamo comodamente assestati. Se non sei capace di farlo tu, le circostanze o altri sceglieranno per te, ma ciò sarebbe già una sconfitta. Gesù vuole stanare i discepoli da una sequela scialba e poco convinta: se vai dietro a Lui, non devi avere dubbi sulla sua identità e sorte. Immagino lo sgomento degli apostoli quando il Maestro, non accontentandosi di risposte generiche basate su opinioni altrui, guardandoli negli occhi, chiede loro: «Ma voi, chi dite che io sia?».
La risposta non si può delegare perché nessuno può vivere la vita al posto tuo e da questa risposta dipende la direzione che prende l’esistenza.Pietro, ispirato dal Padre e mosso da un sincero amore per Gesù, ne confessa la messianicità, riconoscendo la sua origine divina. L’ordine immediatamente seguente di «non parlare di lui ad alcuno» rientra nel cosiddetto segreto messianico di Marco, per cui l’identità di Cristo non deve essere svelata per evitare fraintendimenti; solo dopo la Pasqua si comprenderà che il suo messianismo non era politico né obbediva ad altre attese mondane, ma mirava alla riconciliazione degli uomini con Dio e tra loro.
Ne deriva che può legittimamente annunciare il vangelo solo chi ha accolto la persona e la missione di Gesù nella loro interezza, senza edulcorare il suo messaggio, altrimenti è meglio tacere, specialmente in un tempo come quello attuale in cui non si aspetta altro che cogliere in fallo chi si riconosce nella Chiesa per mettere alla gogna l’intera istituzione. Dire di qualcuno, infatti, dovrebbe implicare almeno l’intuirne il mistero che porta dentro e l’esserne anche ammirati; invece spesso nel parlare di qualcuno ci si dimentica di togliersi i sandali dinanzi alla terra santa che l’altro è, trattandolo come un bersaglio delle nostre parole.
Ecco che Gesù dispiega il suo mistero, svelando il primo annuncio della passione, morte e risurrezione. «Faceva questo discorso apertamente», perché il cammino pasquale di Cristo si riproduce nella vita di ciascuno, sia che lo accetti e ne trai un frutto spirituale, sia che lo rifiuti e ti senti maltrattato dalla vita. Nessuno si può sottrarre alle tribolazioni dell’esistenza, ma nonostante ciò Pietro intende smarcarsi da tale posizione inaccettabile per quanti sono affezionati all’idea di un Dio che accarezzi i propri sogni di gloria mondana. È questo il motivo per cui l’apostolo «lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo», perché è come se d’improvviso Gesù facesse saltare i suoi piani, che costituiscono ancora il vero Dio di Pietro.
Ciascuno di noi dovrebbe chiedersi: amo più me stesso o Dio? Se sai sacrificare la tua volontà allora ami più Dio, altrimenti sei ancora prigioniero di te stesso. Gesù è riuscito a rimettere la propria volontà nelle mani del Padre, perciò è libero e forte dell’ispirazione paterna per poter a sua volta rimproverare Pietro. L’apostolo lo rimprovera per riportare Gesù a sé; Gesù lo fa per riportare Pietro al Padre. Pensare secondo Dio è il modo che Cristo indica per entrare in una autentica novità di vita; significa fidarsi di ciò che non puoi comprendere totalmente e forse non vedrai mai, ma hai l’intima certezza che quella è la via della vita.
Gesù indica tale via subito dopo nella sequela ‘con’ la croce. Essa era il supplizio degli schiavi, segno per chi l’accoglie di una vita che non appartiene più a te stesso ma è tutta giocata per amore dell’uomo insieme con Gesù.
Non è facile giungere al coraggio di consegnare la propria libertà a Dio e al prossimo, accettando che il proprio volto venga sfigurato, e con esso l’immagine vincente di sé. Anche se arriviamo per fede a tale determinazione, può insinuarsi poi una tentazione. Tante volte noi pensiamo di dover essere prima perfetti o accettabili e poi poter seguire il Signore. In realtà Cristo ti chiede di seguirlo qui e oggi, con tutto il tuo carico di imperfezione e peccato, mentre sarebbe più semplice rinunciare alla sequela col pretesto di non sentirsi all’altezza. Tutte scuse. Ogni ritardo nel cammino dietro Gesù è un lento rinunciare a vivere. La croce è vita perché conduce alla risurrezione!
don Antonino Sgrò
XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/09/2024)
Vangelo: Mc 8,27-35
Rubrica religiosa a cura di Giuseppe Fumia