Morto Biagio Conte, paladino degli ultimi, simbolo concreto di speranza.
Dopo lunga malattia si è spento il missionario laico che ha vissuto a Palermo tra i dimenticati e gli emarginati, dando loro una prospettiva.
La settimana scorsa, la notizia della sua dipartita aveva fatto il giro dei social, ma Biagio Conte, doveva con l’ultima prova di sofferenza, lasciare ulteriore testimonianza.
Si possono condividere o no, i motivi di fede che lo muovevano, ma mai si può negare l’abnegazione e l’impegno per la comunità dei reietti di Palermo, a cui era riuscito a dare un tetto, ma anche un motivo di vita e la possibilità di essere utili a loro volta.
Altro merito indiscusso è stato quello di smuovere le coscienze di tutte le classi sociali del capoluogo, quando negli anni ‘90 ancora si percepivano differenze, spingendole tutte indipendentemente ad una corsa alla carità, intesa come cura del prossimo, che raramente (forse mai) si era vissuta in città.
Io l’ho conosciuto proprio agli inizi di quegli anni, quando, dopo avere cominciato la sua opera sotto i portici della stazione centrale di Palermo, aveva occupato i locali del vecchio disinfettatoio di via Archirafi e si opponeva allo sgombero imposto. Era in pieno sciopero della fame. Quello fu uno dei miei primissimi servizi giornalistici per una piccola emittente privata. Nonostante fosse provato mi accompagnò personalmente. Vinse il mio essere scettico sulle ragioni del suo impegno. Ma quello che mi stupì di più fu la seconda volta che ci vedemmo a distanza di mesi ad un fiaccolata a Brancaccio per l’omicidio di Padre Pino Puglisi. Era con un gruppo di emarginati della sua missione, mi vide e mi chiamò per nome, mi mise il braccio sulle spalle e con una confidenza che sembrava figlia di una conoscenza di vecchia data, mi disse all’orecchio : ”io lo so che tu non sei credente, l’ho capito. Apprezzo quello che hai scritto su di me perché non viene dalla fede, ma dal cuore. Non pensare a Don Pino come uomo di chiesa, pensalo come un eroe in trincea, lo capirai meglio.”
Biagio Conte, fu tra i primi ad che accreditare il mio essere ateo, e fu tra coloro che mi spinsero a cercare sempre nuove prospettive.
Non ho coltivato affetto per Biagio Conte, ne ho mai particolarmente seguito il suo operato, ma sapere che a Palermo il missionario laico era sempre lì con il suo amore per il prossimo e i suoi anatemi, a volte strampalati ai miei occhi, mi ha sempre comunicato un senso di speranza.
Nella tragicità di quegli anni e di quegli eventi, la speranza era tutto. C’erano sacerdoti con la scorta, giornalisti senza paura, migliaia di giovani si riunivano spontaneamente contro le mafia e le sue storture, individuando nel degrado umano e sociale la tana perfetta dove venivano nutrite. Questa sensibilità per le strade oggi la troviamo raramente, spesso pure strumentalizzata e asservita.
Ecco cosa manca a Bagheria: il disinteresse!
Nel senso della passione dello spendersi per gli altri, che nasce dall’esigenza di donarsi, senza avere niente in cambio. Quando anche il circolo o la congregazione religiosa diventano lobby e bacino di voti, abbiamo perso per sempre il senso della carità.
Il risultato è per le strade e nelle case dove l’eco delle tragedie arriva troppo in sordina o non arriva affatto e dove gli eventi terribili, sono vissuti da chi ci amministra come disturbi al loro intento di descrivere la città come il mondo incantato dei Mini Pony.
Addio speranza, addio Biagio Conte.
Ignazio Soresi
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