Domenica pomeriggio ore 17:30: un gruppo di ragazzini fa esplodere un bomba carta nel cortile di palazzo Alfano. Panico tra i passanti.
Nel corso pieno di persone, in un orario in cui la gente passeggia serenamente, essere sotto assedio da parte di un gruppetto di ragazzi che sta mettendo a ferro e fuoco la città, non è una cosa normale.
Un gruppetto di teppistelli di 11/12 anni ha fatto esplodere un sorta di candelotto di circa 20cm di altezza e 5cm di diametro all’interno del cortile di palazzo Alfano che è diventato un immenso amplificatore, seminando il panico vero tra le famiglie nel corso.
Seppure tutti noi ci rendiamo conto che la problematica dei giovani è uniformemente diffusa su tutto il territorio nazionale, queste manifestazioni in pieno centro, praticamente in orario diurno, così diffuse e così sistematiche, le viviamo solo qua.
Mentre si continua a perdere tempo organizzando simpatiche chiacchierate autoreferenziali su problematiche che si sono invece favorite con il silenzio, i bambini sul corso, i nostri figli sono tornati a casa terrorizzati.
Abbiamo affidato la formazione dei nostri figli più problematici a strutture non adeguate pensando di poterli recuperare per “virtù divina” senza le necessarie professionalità (vedi i vari centri di formazione disseminati sul territorio anche in luoghi fisici non adeguati), abbiamo pensato che le politiche inclusive delle famiglie si esplicassero in parchi e giostrine, abbiamo levato spazi alla natura restituendo la cultura aberrante del cemento, e cosa più grave, da tre anni nascondiamo la realtà di un consumo e spaccio di stupefacenti di nuova generazione perché era contro la narrazione che si voleva fare di questa cittadina.
La colpevole mistificazione di queste realtà, il volerla ignorare a tutti i costi mettendo la testa sotto la sabbia ha permesso a questi eventi di non essere poi recuperabili se non con un primo momento repressivo. Non puoi intervenire in nessun altro modo inizialmente se non bloccando questi fenomeni.
Non sta a noi analizzarli, sta eventualmente all’istituzione, che però necessariamente nel frattempo deve garantire normalità al resto della città, considerando anche che, se si è arrivati a questo punto è grazie alla totale indifferenza negazionista.
Non ci sono più i tempi delle “parlate”, non ci sono i tempi delle inclusione e delle spiegazioni, vogliamo la nostra città.
Bagheria non è un Comune per tutti.
Ignazio Soresi
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