I miei Quaranta

Gli anni quaranta del novecento per tutti gli individui di quegli anni sono stati segnati dalla guerra. Non è questa,però, una ferita che vogliamo riaprire nello scritto che segue.

 Alla fine di questi anni quaranta io ho frequentato le scuole medie. L’edificio scolastico era situato nel Corso Umberto I°, accanto al palazzo Ugdulena, cioè accanto alla Casa Comunale. Dal mio terrazzo di via Goethe si vedevano il giardino dietro la scuola e quello dietro il palazzo Ugdulena. Si vedevano anche alcuni mostri di palazzo Palagonia. Un nostro compagno nell’ora di disegno aveva sempre una tela pronta per dipingere. Alla fine si è scoperto l’arcano: il nostro compagno di tanto in tanto prendeva un lenzuolo dai cassetti della mamma e lo sezionava in bande da cm. 50×70. Se questa manovra l’avessi fatta io, mia mamma mi avrebbe bastonato sonoramente. Il mio amico, invece, ha continuato impunemente a sezionare lenzuola per dipingere. Per la cronaca: il compagno non è diventato un pittore. Il sacrificio delle lenzuola è stato inutile.

Relativamente a quell’epoca mi viene in mente uno scherzo. Un giorno un nostro compagno, appena siamo entrati in classe, ha sistemato due piedi del tavolo ai bordi della pedana. Ha fatto ciò perché il professore di religione, entrato in classe e costatando che facevamo baldoria, dava un violento pugno sul tavolo. Appena è apparso il professore noi abbiamo dato il via a una sostenuta baldoria, il professore ha sferrato un violento pugno sul tavolo e questo è andato a terra. Ne è seguita una fragorosa risata, conseguenza: sospensione per tutti gli alunni della classe.

Questo era uno scherzo possibile nella serissima scuola di allora.

Il sabato,all’uscita dalla scuola,si facevano passeggiate più o meno lunghe. Un giorno alcuni di noi hanno accompagnato i tre compagni di Santa Flavia. Questi a loro volta, giunti in paese,ci hanno accompagnati alle Rovine di Solunto. Io le vedevo per la prima volta e le ho osservate con enorme interesse. Da allora sono stato a Solunto con altri ragazzi di Bagheria e quando sono stato a scuola a Palermo ho convinto i professori ad organizzare una gita a Solunto. Io ho fatto da Cicerone. Per questo servizio ho meritato un elogio.

Negli anni quaranta si raccontava un aneddoto. Durante l’esecuzione di un’opera lirica al teatro Massimo di Palermo un personaggio diceva ad un tratto: – Vado fuori all’aperto!

Dal loggione una voce stridula ha gridato: – Portati ‘a carta!

Erano altri tempi e si rideva anche per cosi poco.

 Antonino Russo

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