Un pomeriggio di fine giugno del millenovecentosessantacinque incontrai il Poeta Ignazio Buttitta che, assieme a u n gruppetto di persone, si dirigeva verso la piazza grande del paese. Lo salutai e mi fece cenno di seguirlo aggiungendo che il gruppetto faceva
parte di una delegazione di studiosi russi, interessati a conoscere la Sicilia.
Solo uno fra loro si esprimeva in italiano, piuttosto stentato. In piazza a quell’ora si radunavano contadini e braccianti per essere ingaggiati dai padroni dei limoneti per la raccolta dei verdelli, il limone che matura d’estate. Il Poeta, dopo la consueta visita alla “Villa dei mostri”, Villa Palagonia, decise di presentare gli ospiti stranieri ai contadini, i quali, incuriositi, li accolsero con entusiasmo disponendosi in cerchio.
Ignazio precisò che si trattava di una delegazione di Moscoviti e che tra loro c’erano giornalisti e professori. In particolare, tenne a dire che erano tutti figli di contadini e di artigiani, poiché nel loro Paese, chi desidera proseguire gli studi, può arrivare dove vuole, dato che a sostenerne le spese è lo stato. Dopo la presentazione, i russi fecero un leggero inchino.
Ad un tratto l’attenzione del gruppo fu attratta da due gabbie posate a terra, affollate di cardellini, e dall’uomo che ne contrattava la vendita. La scena colpì negativamente i componenti la delegazione e si levò un leggero mormorio. Il russo commentò che nel suo paese i cardellini erano una specie protetta e non si commerciavano. Il Poeta ascoltò con un certo imbarazzo e, dopo aver riflettuto, si avvicinò al venditore e a bassa voce gli chiese quale fosse il prezzo di tutti quei cardellini.
A quell’inconsueta richiesta, l’uomo lo fissò stupito e domandò, di rimando, che cosa dovesse farne di tutti quegli uccelli. Ignazio rispose: «Gli voglio ridare la libertà.» L’uomo si grattò la testa e rivolse lo sguardo verso il cielo, poi alzò la mano e mosse le dita come se stesse facendo di conto e dopo tale liturgia si pronunciò: «Mi dia ventiseimila lire e sono suoi, però guardi che la sto rispettando, poiché il valore reale è almeno il doppio».
Il Poeta accettò senza battere ciglio e rispose: «D’accordo, però al momento non mi trovo questa cifra in tasca, in serata vieni a trovarmi in bottega e salderemo il conto».
A quel punto l’uomo fece allontanare i curiosi, alzò la gabbia e, dopo averne aperto lo sportellino, diede con la mano dei colpi sulle asticelle per sollecitare i cardellini, i quali presero il volo, tra gli applausi degli ospiti e di alcuni contadini. In seguito domandai al venditore in che modo si fosse conclusa quella partita. Mi raccontò che quella stessa sera si era presentato in bottega, ma
non aveva trovato il Poeta.
La cognata, che gestiva anche lei il negozio, non era informata dell’acquisto. Alla richiesta del denaro, la signora Giuseppina ammutolì. La donna era abituata alle stranezze del cognato, ma questa dell’acquisto di sessantadue cardellini era per lei cosa totalmente inedita, specie considerando che, a quell’epoca, ventiseimila lire erano una cifra considerevole.
Ripresasi dopo lo sbigottimento, chiese cosa ne avesse fatto il poeta di tutti quei cardellini e, appreso che lui li aveva fatti volare, si
portò una mano alla bocca, come per impedirsi di dire uno sproposito: «Venga domani e se la vedrà direttamente con il poeta.»
Quando l’indomani il venditore di uccelli incontrò Ignazio, si lamentò del mancato appuntamento e con voce lamentosa precisò di
avere urgente bisogno di quel denaro, avendo tre figli da sfamare. Il poeta si scusò dicendo di essersi trattenuto fino a tarda sera con
i russi. Ma la parola “sfamare” fu come una scintilla per Ignazio, il quale colse subito la palla al balzo e propose: «Allora prendi qui
pasta, formaggi, salumi, legumi e altri generi alimentari, fino alla somma dovuta.»
L’uccellatore fece un cenno col capo a significare che accettava la proposta, tuttavia chiarì: «Va bene, ma c’è un problema…». «Che
problema?» chiese Ignazio. «Lei non vende sigarette e perciò almeno una parte in contanti la voglio lo stesso.»
«Va bene ! Maledetto a chi ha inventato le sigarette… !»
Carlo Puleo
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