Bagheria di notte? Per molti bagheresi un far west? Non possiamo non pubblicare un grido d’allarme dal complesso di via Santa Marina

Non possiamo non pubblicare integralmente la lettera firmata giunta in redazione da un nostro lettore a proposito dei problemi di “vivibilità” riguardanti un condominio residenziale in via Santa Marina a
Bagheria.

Nel recente passato siamo intervenuti in questo condominio per sollecitare la soluzione dell’annoso problema dell’approvvigionamento idrico. Oggi il problema da affrontare è più complesso e coinvolge tantissime altre zone di Bagheria che la notte si trasformano in zone franche per giovanissimi teppisti e delinquenti, totalmente abbandonati dalle loro famiglie, liberi di scorazzare e minacciare fino all’alba chiunque si metta contro.

Situazioni, come quelle descritte nella lettera, comuni non solo a Bagheria ma anche a paesi limitrofi come Ficarazzi, Santa Flavia e la frazione di Porticello.

“Sono un condomino del complesso residenziale Michelangelo, sito in via Santa Marina, dove abitano circa 50 famiglie e desidero esporre un problema che non trova ancora soluzione dopo due anni e che sta creando notevoli disagi.

Non è il problema dell’erogazione dell’acqua, che ci ha visti già protagonisti di altri articoli a questo giornale; non è la situazione disastrata del manto stradale con, annesso, i suoi terribili tombini rumorosi; non si tratta neppure del parcheggio selvaggio di ogni mattina presso il nostro stabile (dove è ubicato l’asilo comunale) da parte di “alcuni” genitori, né del conseguente (ahimè accertato), abbandono di rifiuti NON DIFFERENZIATI presso i nostri contenitori condominiali. Se mi spingo oggi ad una lettera pubblica è per sensibilizzare e scuotere le coscienze su un problema
che chiamerei “sociale” e che temo stia diventando una “piaga”.

Si tratta della mutata “vivibilità” in questo complesso a causa dello spiazzo antistante, diventato luogo rituale di ritrovo di una nuova gioventù, di cui (lo confesso) comincio ad avere un po’ paura, per gli atteggiamenti che osservo. Scrivo ed è appena trascorso l’anniversario della morte del giudice Borsellino; scrivo con ancora vivo negli occhi l’orrore di quelle immagini agghiaccianti delle stragi del ’92; loro (ragazzi ancora acerbi alla vita) non hanno vissuto quei giorni, li hanno solo studiati a scuola, mentre in me essi hanno lasciato, per sempre, la necessità di non abbassare mai la testa davanti ad un’ingiustizia, alla prepotenza, al sopruso.

Scrivo quindi con un moto di sana ribellione, chiedendomi: perché ogni sera devo subire gli schiamazzi di questi ragazzi? I rumori delle pallonate delle loro partite a calcio, le bottiglie di birra abbandonate, le autoradio a tutto volume, le sgommate delle loro auto, le risate ed i video dei
“tic toc” realizzati sotto il mio palazzo?

Perché dobbiamo essere sempre e solo noi, singoli condomini, a rimproverarli ripetutamente? A dir loro di non urlare, di andare via perché fanno assembramento (giungono fino a 70 persone la sera!), di andare da un’altra parte perché vogliamo dormire?

perché, chiamando le forze dell’ordine, ci sentiamo rispondere che “le
unità operative non possono intervenire in questo momento poiché sono tutte impegnate nel territorio”?

perché devo ascoltare gli insulti ad un padre di famiglia che nel cuore della
notte scende a dir loro con veemenza di andar via e si sente rispondere con epiteti che non posso scrivere in un giornale? O addirittura la battuta saccente e spocchiosa: “e vabbè chiami pure la Finanza!”. E ancora: “Questa è una piazza pubblica ed io ci posso stare!!!”?

È UNA SITUAZIONE INVIVIBILE ormai; ma ciò che più mi rattrista è pensare che quei ragazzi sono il nostro futuro.

Perché, io mi chiedo, nessuno riesce a capire che il mancato rispetto delle regole è una mancanza di rispetto dell’altro e che ciò degenera il nostro futuro? Non li chiamerò “gioventù bruciata” o “falliti” come spesso sento dire: io penso e credo invece che siano normalissimi ragazzi che però stanno procedendo verso una devianza sociale.

Non accuserò enti, istituzioni e forze dell’ordine di non fare il proprio dovere, perché problemi gravi ne abbiamo in quantità. Lo so bene. Mi rimetto però al mio sindaco, ricordando, con stima, le sue parole durante la quarantena nelle varie dirette facebook:

“ Io sono a servizio, della mia città e dei cittadini; insieme, uniti, possiamo farcela”. Ecco: forse il mio “servizio” può essere questa lettera: forse posso dire ad ogni mio concittadino (padre, madre, assessore, vigile, agente dello stato, pubblico ufficiale, insegnante o qualunque altro sia il ruolo che ricopre) che se vogliamo una città più vivibile, forse i primi a cambiare dobbiamo essere noi, assumendocene la responsabilità; “Se vuoi cambiare il mondo, cambia te stesso” disse un famoso santo.

Aiutateci dunque a trovare una soluzione a questi “piccoli” problemi sociali, civici, e civili, prima che diventino un problemapiù grave, cioè un futuro senza rispetto per le regole né giustizia.

Lettera firmata

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