Borgo Geraci, a proposito di “A Carvaccata di vistiamari”. Le vecchie tradizioni non devono essere trascurate

Per una mia forte convinzione le vecchie tradizioni non devono essere trascurate, per qualunque motivo avverso si presentasse o futili ripicchi. I geracesi infaticabili lavoratori raggruppando tutte le vecchie categorie e cioè i vistiamari che rappresentavano uno dei settori base dell’economia paesana, i contadini, o “, viddani”, i mastri cioè gli artigiani che si sono sempre distinti per le pregevoli
manifatture, i galantuomini i quali rappresentano il ceto sociale più elevato ed infine i vurdunara categoria dei commercianti che con le loro caratteristiche carretti siciliani e con muli e cavalli si occupavano della compra – vendita di prodotti vari (grano, fave, olio, manna, etc…).

Oggi sono messi a dura prova a causa dell’esodio, i mestieri e le attività menzionati sono quasi sono scomparsi. Ma qualche cosa ancora tiene con difficoltà ma reggono ancora alla globalizzazione che incombe. Un esempio è la pastorizia con i loro pastori. Loro hanno una grossa ammirazione dei tanti, non solo per la loro produzione casearia molto apprezzata per la qualità, una volta anche per la quantità che riuscivano ad esportare anche all’estero.

Oggi esiste un nucleo che mantiene in auge la tradizione, ed assicura una buona qualità e quantità di prodotti caseari. Ma i pastori hanno un altro onere, quello che nella tradizione popolare sono stati annoverati anche nel volume pubblicato dal famoso “G.ppe Pitrè”, scrittore letterato e antropologo italiano, la sua opera monumentale resta pietra miliare, così si esprimeva il Prof. Cucchiara Preside della facoltà di lettere di Palermo, la festa dei pastori “La carvaccata di vistiamara” è stata inserita nel volume sulle feste paesane della Sicilia Occidentale. Un onore non indifferente per la categoria.

La festa è inserita nel quadro del folklore tipico siciliano, ricco di motivi e tradizioni religiose e si riallaccia idealmente alla Sagra del Mandorlo in fiore di Agrigento, al Ballo della Cordella di Petralia Sottana e alla Sagra della Spiga di Gangi. L’esodo della popolazione oggi ha creato un ambiente diverso, privo di qualsiasi entusiasmo, in cui si rimpiangono le tonanti incudini, il calpestio degli animali, il rumore dei carri, i rumorosi laboratori artigianali che costituivano un tutt’uno e che animavano la Comunità di Geraci formata appunto da gente buona, semplice, religiosa, etc… ed in genere gelosa delle sane tradizioni.

C’è da augurarsi che la festa della “Carvaccata di vistiamari” per le sue peculiari caratteristiche, motivo di richiamo di numerosi
forestieri e di Geracesi residenti in altri comuni, si attivi ogni anno. Va da se che per tale realizzazione dovrebbe essere appoggiata dall’Assessorato Regionale del Turismo, con fondi forse della Comunità Europea, dall’Amministrazione Comunale che ha il dovere di non fare vanificare una grande tradizione della nostra Comunità e da esempio per tutto il territorio. E’ una delle più importanti feste del paese, ma prescindendo dal campanilismo è l’unica festa che possa interessare il forestiero per il suo folklore e per la sua spiritualità.

La festa si inserisce nel quadro del folklore tipico siciliano ricco di motivi e tradizioni religiose e si riallaccia idealmente alla Sagra del Mandorlo in fiore al Ballo della Cordella e della festa della spiga. Mentre la festa del Mandorlo in fiore di Agrigento è un’esplosione di gioia per la rinascita della terra ed un canto di attesa, la cordella, la cavalcata e Sagra della Spiga sono feste di chiusura di una
stagione che culmina nel matrimonio di due giovani promessi innanzi ai covoni ricchi di grano e qui nell’offerta simbolica di quanto la
Provvidenza Divina ha permesso di raccogliere in un intera stagione, intesi di ringraziamento e di speranza insieme, così pure per la festa della Spiga e della Carvaccata dei vistiamari.

Il punto centrale delle feste ed il più interessante dal lato folkloristico è la pia calvacata dei pastori da cui la festa prende il nome.
Piccola Desrizione: Alla quindici circa essa si snoda per le vie del paese. Vengono avanti prima i membri della Commissione tutti a cavallo e recanti ognuno uno dei sacri paramenti indossati dai Rev. Sacerdoti nell’officiare la S. Messa, tutti di pregevole fattura artigiana con ricami in oro zecchino databili intorno al 1600.

Segue, quindi, il bianco stendarlo della Confraternita del Santissimo Sacramento. Vengono, quindi, i pastori. Prima i giovani, vestiti con costumi del settecento, recanti nella sinistra un bastone tutto ricoperto di nastri multicolori a cui è in alto legato “u panaru”, una specie di cono capovolto fatto di vimini intrecciati anch’esso interamente foderato di nastri multicolori e dai cui pendono, fermati da altri nastri, innumerevoli piccoli caciocavalli a forma di cavallucci e di colombine. Vengono poi gli anziani che recano fasci di ceri motivi, anch’essi tenuti assieme da nastri multicolori. Chiude infine la sfilata il Cassiere della Congregazione che reca la custodia dell’Ostensorio ricoperta da un pregevole panno di velluto rosso con su è ricamato lo stesso Ostensorio.

Ultimo prete di Geraci che portò a cavallo l’Ostensorio fu Don Giacomo Scancarello. L’Ostensorio è il pezzo più importante del così detto dei ventimiglia, ma in effetti della Chiesa. E’ zampato e ricoperto in tutte le sue parti di pietre preziose diamanti. Zuffirine ecc. e
rispetto agli altri è di forma zampata, come detto prima. E’ di grande valore sia dal punto di vista commerciale che dal punto di vista storico culturale. Talmente interessante che nel periodo dell’Arciprete Don Gaetano Scuderi, sono venuti a Geraci una troupe di giornalisti specializzati, di studiosi di arte sacra e di fotografi tutti di nazionalità inglese per fotografare l’ostensorio le cui fotografie sono state inserite nell’Enciclopedia inglese esempio di arte orafa religiosa Siciliana del 500.

La cavalcata fa il giro delle vie del paese, sosta dinanzi al Duomo ove vengono fatte le offerte dei ceri e dei caci e si rimette in cammino per un luogo poco discosto dal paese, ove, dopo la recita di alcune poesie siciliane da parte di fanciulli inneggianti al SS.
Sacramento e la benedizione impartita dal parroco ai presenti. Questa, nelle sue linee essenziali, la cavalcata. Storicamente la festa è nata come tradizionale festa di ringraziamento, tipico della religiosità greco–sicula, questo afferma il Pitrè: la trasformazione e lavorazione del latte a figure “cavallucci, colombine” ect. richiama tempi antichissimi, forse ancora primitivi. “Biblioteca delle tradizioni popolari Pitrè – feste patronali in Sicilia – Palermo – Carlo Clausen 1900.

Il Filippini, il Folklore siculo nel rinascimento fasc. XII- 15/XI/1895, si pone il problema se i sei giovanotti e le sei donzelle a cavallo facciano le offerte agli dei o siano essi stessi la simbolica personificazione di divinità pagare. Più tardi, comunque, la tradizione, lungi dall’essere ripudiata, fu accolta dai conquistatori romani ed infine si cristallizzò nella forma attuale con il Cristianesimo.

Unica variante introdotta in tempo relativamente recenti è che mentre prima seguiva il corteo dei pastori lo stesso Parroco a cavallo che recava l’Ostensorio con la Ostia Consacràta, oggi la sfilata viene chiusa dal Cassiere che reca il copri-Ostensorio. Mentre però, e ciò sicuramente fino al 1600, la festa di ringraziamento era unica ed ad essa partecipava tutto il popolo, da allora essa venne scissa in tante feste di ringraziamento quante erano le classi sociali esistenti in paese, celebrantesi ciascuna la terza domenica di ogni mese; abbiamo così la festa dei Burgisi, dei Viddani, dei Vurdunari, dei Galantomini, dei Vistiamari ed altre ancora. Quella però che di tutte conservò intatto lo spirito e la tradizione antica fu la sola festa dei pastori.

Oggi questa festa, si ripete e si celebra nel massimo dello splendore consentito dai mezzi a disposizione e si pone, o per meglio dire, si impone all’attenzione di tutti perchè assomma in in sé l’espressione di una grande fede nella Provvidenza dell’Altissimo, che si ringrazia. In questa radiosa sintesi sta il valore ed il significato della festa, che in ciò appunto trascende i limiti di festa consimili dal punto d vista folkloristico, ma prive dell’alto significato spirituale della nostra.

Motivo unico e solo, ma perfettamente e pienamente valido per far si che questa nostra festa sia benevolmente accolta sostenuta
ed incoraggiata da tutta la popolazione e da tutti coloro i quali hanno la possibilità finanziarie con particolare riguardo le grosse imprese presenti nel nostro paese.

Giacomo Miriana



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