50 anni fa, l’allunaggio dell’Apollo 11

20 luglio 1969, una data rimasta impressa nella storia dell’umanità

Il 20 luglio del 1969 avvenne il primo “sbarco” sulla luna o più precisamente il primo allunaggio, effettuato dai membri dell’equipaggio della navicella Apollo 11: Neil Armstrong, Edwin “Buzz” Aldrin e Michael Collins. Quella data rimase impressa nella storia dell’umanità, come un’importantissima conquista della scienza e ha depositato in maniera indelebile nella memoria collettiva di intere generazioni, il ricordo di un’impresa, realizzata con un forte sostegno economico dal governo U.S.A. e dopo anni sacrificati all’impegno di un lungo lavoro di ricerca.

Sono passati esattamente 50 anni dalla missione dell’Apollo 11, soltanto una delle 15 missioni del Programma Apollo e la quinta che faceva uso di equipaggio con successo (la prima missione dell’Apollo 1 non venne effettuata: la navicella non decollò mai a causa di incendio del modulo di comando, durante un test di esercitazione, nel quale persero la vita tre astronauti), ma fu la prima missione che si risolse con il grande traguardo di portare l’uomo sulla superficie del suo unico satellite naturale: la luna.

Il contesto storico in cui avvenne la missione spaziale, era dominato dalla guerra fredda, in cui due diversi blocchi, l’occidentale capitanato dagli U.S.A. ad economia capitalista, fronteggiava il blocco orientale ad economia socialista, comandato dall’ex Unione Sovietica; due “mondi paralleli” troppo diversi per coesistere pacificamente, ma anche consapevoli della loro distruzione, in caso di conflitto armato vero e proprio a causa dell’armamento nucleare di entrambe le super potenze. Si venne così a creare “l’equilibrio del terrore”, una situazione che l’umanità intera, viveva con il timore costante dello scoppio di una terza guerra mondiale.

Erano anche gli anni della guerra in Vietnam, della grande contestazione studentesca, del grande raduno di musica rock a Woodstock, del pugno chiuso di Tommie Smith e Jhon Carlos alle olimpiadi di Città del Messico, del grande sogno di Martin Luther King, furono gli anni in cui si dava forma al movimento pacifista e si rivendicavano con orgoglio i diritti negati agli omosessuali, alle vittime della segregazione razziale e a tutti coloro i quali erano considerati i “nemici del sistema”.

Mentre il mondo sembrava seguire due strade diverse, una verso l’autodistruzione e l’altra verso la pace, la corsa allo spazio fra U.S.A. e U.R.S.S. proseguiva in modo inarrestabile, facendo compiere enormi passi in avanti al progresso scientifico. I primi “round” di questa gara vennero vinti dai sovietici, nel 1957, con il lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale in orbita attorno alla terra e con la successiva grande impresa di Yurij Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, portando a termine con successo la propria missione il 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1.

Il governo statunitense non poteva accettare un’umiliazione di tale portata dai nemici sovietici e fu così che durante la presidenza di Dwight Eisenhower, venne concepito il programma Apollo, condotto dalla NASA, con lo scopo di far atterrare un uomo sulla luna entro la fine del decennio.

L’Apollo 11 decollò il 16 luglio del 1969 alle 9:32 (le 15:32 in Italia), dal Kennedy Space Center, a Cape Canaveral (all’epoca chiamato Cape Kennedy) in Florida, trasportato dal Saturn V, il razzo colossale messo a punto nelle precedenti missioni Apollo 4 e Apollo 8, che misurava ben 111 metri di lunghezza ed era 100 volte più potente di quello che nel 1961 aveva permesso di portare in orbita Alan Shepard, il primo astronauta statunitense.

Il Saturn V, costituito da tre stadi, consentì ai tre astronauti di raggiungere l’orbita terrestre a circa 166 km di altitudine. Una volta raggiunto l’obiettivo, i primi due stadi del Saturn V si staccarono e precipitarono. Dopo aver compiuto un’orbita e mezzo della Terra e dopo 2 ore e 44 minuti dal decollo, l’accensione del terzo componente del Saturn V diede all’Apollo 11 la propulsione necessaria per uscire dall’orbita terrestre e porsi in direzione dell’orbita lunare.

Il viaggio dell’Apollo 11 verso la Luna durò tre giorni la navicella era costituita da tre componenti: il Modulo di Comando, il Modulo di Servizio, denominato “Columbia”, dotato di motore e di centro di controllo della navicella ed il Modulo Lunare, detto “Eagle”, che sarebbe atterrato sulla Luna.

Durante il viaggio verso la Luna, Michael Collins dispose la rotazione del Columbia e del Modulo di Comando di 180 gradi e l’aggancio all’Eagle. In questo modo i portelli del Columbia e dell’Eagle sarebbero stati tra di loro comunicanti, permettendo così ad Armstrong e Aldrin di trasferirsi nel Modulo Lunare. La rotazione era la soluzione imposta dalle necessità di posizionamento diverso durante il lancio e il viaggio. Contemporaneamente, anche il terzo stadio del Saturn V si staccò dalla navicella.

Il 20 luglio i tre astronauti raggiunsero l’orbita lunare, quindi uscirono dal Modulo di Comando e si separarono per prepararsi all’allunaggio. Armstrong e Aldrin si spostarono nell’Eagle, mentre Collins entrò nel Columbia. I due astronauti scelti per perlustrare il suolo lunare presero tempo prima di compiere le delicate manovre di allunaggio perché un computer iniziò a segnalare un errore di funzionamento, guidando Armstrong e Aldrin verso un terreno sassoso, inadatto per la discesa. La base NASA indicò agli astronauti di ignorare il computer ed Armstrong pilotò la navicella usando il controllo semi-automatico.

Alle 22:17 italiane, a una distanza di ormai 400.000 Km dalla Terra e a carburante quasi esaurito, l’Eagle riuscì a compiere l’allunaggio su un’area pianeggiante, il Mare della Tranquillità. Quando ormai in Italia era il 21 luglio, alle 4:56, sei ore dopo l’allunaggio, una telecamera applicata all’esterno della navicella riprese in diretta televisiva mondiale Neil Armostrong mentre scendeva dal Modulo Lunare per mettere piede sulla Luna.

L’escursione di Armstrong e Aldrin (“moonwalk”) durò all’incirca due ore e mezza. Gli astronauti issarono la bandiera statunitense e ricevettero una telefonata dal Presidente Nixon, in collegamento con loro dalla Casa Bianca. Durante la permanenza sul satellite si dedicarono prevalentemente ad attività di ricerca scientifica. Prelevarono campioni del suolo lunare da riportare sulla Terra e piazzarono un set di dispositivi per esperimenti, per individuare eventuali scosse sismiche e per effettuare misurazioni più accurate della distanza tra la Luna e la Terra.

Infine i due, per lasciare una testimonianza della loro missione, depositarono sul suolo lunare lo stemma dell’Apollo 1 in memoria degli astronauti morti durante quella missione nel gennaio 1967, un ramoscello d’ulivo in oro, segno di pace, e un disco con incise frasi ben auguranti di alcuni presidenti statunitensi (fra cui Eisenhower, Kennedy e lo stesso Nixon) e di altri leader mondiali.

Trascorse 21 ore sul suolo lunare, i due astronauti dell’Eagle iniziarono le manovre di decollo. Anche questa fase fu molto delicata, la navicella aveva a disposizione un solo motore di risalita e con questo avrebbe dovuto raggiungere l’orbita e riagganciarsi in volo col Modulo di Comando. L’operazione andò a buon fine: Armstrong e Aldrin raggiunsero Collins nel Modulo di Comando e fu disposto il distacco dell’Eagle, che aveva ormai esaurito la sua funzione.

Successivamente la navicella uscì dall’orbita lunare e proseguì il viaggio in direzione della Terra. Il Modulo di Comando in cui si trovavano gli astronauti si separò dal Columbia e, protetto da uno scudo termico, iniziò la manovra d’ingresso nell’atmosfera. Superata la fase più turbolenta del rientro, si aprirono i tre paracadute per rallentare la discesa della capsula spaziale in vista dell’ammaraggio. Dopo circa 71 ore dall’allunaggio, alle 6:50 del mattino del 24 luglio (ora locale), il Modulo si tuffò nell’oceano Pacifico a circa 1448 km dalle isole Hawaii e a 19 km dalla USS Hornet, la nave che avrebbe recuperato i tre astronauti in mare.

La questione sulla reale utilità delle missioni spaziali che mette in dubbio la loro valenza scientifica, per fare spazio a logiche di potere, non si è placata in questi 50 anni, cosi come non si è arrestata la convinzione che con un sostegno economico di tali proporzioni, sarebbe stato più nobile risolvere altre problematiche ritenute più urgenti, come ad esempio la fame nel mondo. Se veramente si è trattato di “un piccolo passo per l’uomo, ma un gigantesco balzo per l’umanità”, come Neil Armstrong definì il successo dell’Apollo 11, non sono dello stesso parere i detrattori delle missioni spaziali, sostenitori del “benaltrismo”.

Il concetto che sfugge, in tal caso, è pretendere dalla scienza dei risultati immediati, senza avere dati a sufficienza per condurre una ricerca abbastanza impegnativa e che ogni applicazione scientifica sia isolata da non consentire l’esecuzione delle altre. La ricerca spaziale ha la sua importanza come la ricerca medica e come tutte le altre ricerche, se dobbiamo parlare di emergenze, una in particolare riguarda l’aumento della popolazione mondiale a fronte dell’esaurimento delle risorse energetiche. La ricerca spaziale è importante perché permette di capire se la vita nello spazio è possibile.

A screditare il successo dell’Apollo 11 sono soprattutto i complottisti, fautori della teoria secondo la quale la NASA realizzò un filmato falso e che tutta la missione lunare era solo una messa in scena del governo statunitense.

Quello che appare ancora più misterioso, però è il movente di una messa in scena di tale portata. Bisogna considerare, inoltre, che in ben 50 anni, nessuna persona che ha collaborato con la missione del 1969, fra ingegneri, fisici, tecnici ed astronauti, ha mai confessato di aver partecipato ad un complotto ordito dal governo U.S.A.

L’impresa dell’Apollo 11 fu la prima nel suo genere che consentì alla scienza di aprire nuove porte da esplorare (basti pensare alle recenti missioni su Marte), di acquisire nuove conoscenze, di formulare altre ipotesi, perché il lato affascinante della ricerca scientifica è scoprire continuamente la novità sulla base delle conoscenze già possedute, senza fermarsi mai, tutto questo con buona pace di detrattori e complottisti vari, che preferiscono, invece, informarsi su Facebook e You Tube, scambiandoli per organi di informazione ufficiali.

Nicola Scardina

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