Palazzo del Cav. Branciforti. Conosciuto come “cucina economica”

Il palazzo del cav. Branciforti sorgeva nell’odierna piazza Indipendenza. In una vecchia fotografia dei primi del novecento, scattata dalla parte di piazza IV novembre, s’intravede in fondo alla via Salvatore Di Pasquale il detto palazzo.

Durante la prima guerra mondiale in quella costruzione è stata installata una cucina per i poveri del paese.  Alla fine degli anni quaranta i vecchi che avevano vissuto quei periodi terribili, raccontavano che la cucina, con la mensa relativa, era frequentata da molte persone che altrimenti sarebbero morte di fame.

Guardando dal corso Umberto si notava questa costruzione che interrompeva la via Salvatore Di Pasquale. In seguito, e ancora negli anni cinquanta e sessanta, la costruzione era ancora conosciuta come “cucina economica”.
Al palazzo del cav. Branciforti originariamente si accedeva dalla via Quattrociocchi.

Il palazzo a suo tempo era in comunicazione con quello dei Palagonia e con quello del marchese di Roccaforte.
Purtroppo un bel giorno l’imponente edificio è stato demolito per far posto ad una costruzione anonima adibita ad uffici. Tra gli anni quaranta e cinquanta la “cucina economica” era un  luogo di Bagheria, un punto di riferimento per i bagheresi. Lo spazio anti stante era da noi ragazzi usato come campetto di calcio: e le partite dura vano tantissimo tempo, dal momento che lo stesso non era attraversato da carri o da macchine.

Nella piazza Indipendenza fervevano tante attività: la più caratteristica era quella del maniscalco. Alle pareti accanto alla bottega del maniscalco vi erano appesi tanti anelli di ferro: a questi veniva assi curata la corda che partiva dalla cavezza dell’asino o del cavallo che doveva essere ferrato.

Quando il tempo di attesa si dilatava, gli animali impazienti scalpitavano. Agli animali veniva legata alla testa una piccola sporta (‘a coffa) contenente crusca o biada per una adeguata alimentazione. Era inevitabile la produzione di escrementi. Questi attiravano un numero considerevole di mosche le quali in fastidivano gli animali, che seguitavano a scalpitare, causando a volte qualche danno a persone o cose.

Abbattere quella costruzione, però, trattandosi di una tra le prime del nucleo del paese, è stato come distruggere un pezzo della vecchia Bagheria.

Articolo di Antonino Russo

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