La mia visione del mondo è un insieme straordinario di varietà di viventi. Senza paura di nessuno, senza confini, barriere, muraglie o dipendenze. Tolleranza, uguaglianza, libertà; così e non potrebbe essere che così la democrazia.
Mi sono sempre considerata una extracomunitaria in Patria (ma quale Patria, poi!) con e insieme agli altri popoli delle Nazioni di cui è composta la terra. Ho accolto naturalmente e senza preclusione mentale o distinzione qualsiasi donna, uomo e ancor più i bambini, (vittime inconsapevoli della cattiveria e dell’ingordigia degli adulti) provenienti da ogni angolo della terra: europei, asiatici, africani, americani… La terra è di tutti e di ognuno senza limite e sbarramento.
Considero un abuso imposto da pochi uomini influenti il diritto di regolamentare l’accesso e il flusso dei migranti all’interno di un confine immaginario ma marcato a cui hanno dato il nome convenzionale di “Regioni, Paesi, Stati”.
In paricolar modo trovo sia sopruso discriminare e/o legittimare lo “Ius soli” o cittadinanza, in base alla nascita in un luogo piuttosto che in un altro. Siamo parte integrante di un unico mondo e di una unica razza: quella UMANA.
Le mie certezze non sono vacillate neanche a seguito dei tanti attacchi terroristici di massa e razzisti subiti negli anni dai diversi Paesi europei e non.
-Non dobbiamo alienare la nostra libertà. Resistere ad ogni costo! In questo tempo di guerra, nell’arena mondiale, ognuno si impone di vivere “la normalità”, quotidianamente o quasi, nel rispetto dei diritti civili. La gente cerca di seppellire la paura che, in taluni casi, sembra ammassarsi tra le risorse vitali dei popoli; sente la libertà vacillare e le sicurezze appena conquistate diventare incertezze.
La paura imposta dai regimi dittatoriali destabilizza i pensieri e come lupi azzannano pezzi di vita.
Alle volte la libertà sembra essere così effimera e fragile! Eppure i nostri nonni e le nostre nonne portano ancora le stigmate indelebili. Ma in questa estate agostana di caldo insopportabile, l’occidente è ancora una volta messo in ginocchio: improvvisamente diventa avamposto di guerra di un nutrito gruppo di squilibrati.
Ancora una volta la Spagna, Barcellona e Cambrils vengono attaccate con modalità fotocopia: intorno alle ore 17,00 un furgoncino impazza a zig zag sulla Ramblas uccidendo tredici persone e ferendone molte altre. Poco piu tardi a 100 km da Barcellona, Cambrils è presa di mira da cinque kamikaze che, con false cinture di esplosivo irrompono tra i passanti facendo una vittima e alcuni feriti. Sono stati messi KO dalla polizia prima di completare il folle gesto.
La provenienza degli attacchi, quasi certamente è da addebitare ai jihadisti, al regno musulmano che fu dominante (711-1492) in alcune regioni della Spagna e usa il pretesto non si sa per vendetta o per la ferocia punto. Ancora una volta lo sgomento e il terrore destabilizza il patto implicito individuo-vita. Legittimare, tollerare fanatici, kamikaze e manovalanza locale che in nome di Allāh, un dio inviso e vendicativo, tengono sotto scacco parte del continente e perpetrano stragi.
Rischi, potere, tirannia, pericoli, condizioni, soluzioni. Già, soluzioni drastiche ma durature. Giovedì pomeriggio, appena diramata la notizia dai mezzi di informazione del già consumato eccidio con raccapriccio guardavo le vittime inermi sull’asfalto e dalle pose scomposte e innaturali. Persino un bimbo! l’impulso è stato quello di volere rispedire tutti ma proprio tutti oltre i confini. Tracciare il limite. Fortificare. Delimitare. Arrestare. Chiudere frontiere. Strappare il trattato di Schengen. Costruire una estesa muraglia. Dividere i buoni da una parte, quali? I cattivi dall’altra, dove?
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