Filosofo, fotografo, operatore culturale, innamorato delle testimonianze del passato e con l’hobby di unire, saldare Passato e Presente, convinto che essi impoveriscano “nella mutua segregazione”. È questo e molto altro Vito Cuti, capace di realizzare immagini delle ville di Bagheria che, lungi dall’apparire come impronte pietrificate del passato, si offrono all’occhio attento quali forme vive ed animate, “mosse da un misterioso soffio vitale”.
Un’ampia raccolta di queste immagini è stata ospitata in mostra fotografica permanente a Bagheria, nell’antica pasticceria don Gino, nella sala riservata agli eventi culturali, e può essere visitata gratuitamente tutti i giorni.
“Le immagini -. afferma Vito Cuti – sono fotogrammi di stati d’ animo, essendo la mia una fotografia odeporica”. È questo un termine da lui stesso coniato che sta a indicare “una letteratura di viaggio di matrice emotiva, in cui non esistono viaggi ma viaggiatori, non mete ma percorsi da fare, non monumenti come impronte pietrificate del passato ma figure viventi mosse da un misterioso soffio vitale”.
La mostra è dedicata a tutti coloro che amano la letteratura e l’arte, alle associazioni culturali ma soprattutto alle scuole, alle giovani generazioni che devono essere educate al culto del bello e a cui Vito Cuti ha sempre riservato tutte le attenzioni possibili e a cui continuerà a dedicarsi nell’approssimarsi dell’inizio dell’anno scolastico che darà il via ad una lunga serie di incontri itineranti.
Durante i quali Cuti dipanerà l’ambizioso quanto edificante progetto culturale e filantropico al quale ha dato il nome di “Diretta saldatura e sintesi degli opposti”. Un progetto che è stato ideato, come si è detto, per le scuole ma anche per tutti i cittadini che amano la cultura, che vogliono sapere da dove vengono ed essere sempre e comunque in rapporto con una provenienza.
Esso si sviluppa in modo multimediale, con la “compresenza e interazione, cioè, di più linguaggi, come testi letterari, poetici, immagini, suoni ed animazioni, nell’ambito dello stesso evento o contesto”. Il tutto a servizio della valorizzazione storico artistica delle antiche dimore bagheresi viste come diari litici, o di pietra che dir si voglia, su cui poter leggere ed anche scrivere. E ciò per scongiurare, come già accennato, che passato e presente possano impoverire nella mutua segregazione. Il passato non solo non è affatto un cumulo di dati inerti ma ha dalla sua un futuro radioso davanti a sé. Se non ci riappropriamo del nostro passato, il nostro presente sarà instabile e mutilato poiché privo di legami fra più dimensioni temporali.
«Il mio – spiega meglio Vito Cuti – è un progetto che ha lo scopo di sensibilizzare noi tutti in direzione del nostro immenso patrimonio culturale attraverso un percorso di incontri-evento nei luoghi della nostra memoria storica collettiva. Il tutto avviene secondo un naturale convergere di elementi eterogenei e mediante un graduale percorso di capacitazione che si muove dal singolo in direzione del collettivo». “Il progetto – aggiunge il Nostro – è stato pensato in modalità “studio disinteressato del documento umano”. Così operando avviene una diretta saldatura e sintesi degli opposti. Ovvero da una parte l’uomo del consumo, che fa parte del popolo dei contemporanei e che vive in un presente instabile e mutilato poiché privo di legami col suo passato. Dall’altro, il nostro patrimonio storico che non aspetta altro che di essere consultato. Quindi non monumenti come impronte pietrificate del passato ma figure viventi mosse da un misterioso soffio vitale. Cerco infine di scongiurare che passato e presente possano impoverire nella mutua segregazione. Quindi: “tornare agli antichi per diventare moderni”.
Grazie, pertanto, alla intermediazione delle immagini che ci riconducono ad un passato che appare più vivo che mai, siamo sollecitati a interessarci ai monumenti, ad essere curiosi, una curiosità che è l’anticamera della conoscenza.
Ed è la prima volta che in una mostra fotografica, sottolinea Cuti, sono presenti tutte le dimore barocche bagheresi. “Lo sforzo è stato notevole ma piacevole poiché di utilità sociale”.
Accennando infine al linguaggio fotografico del suo progetto, Vito Cuti ha fatto presente: “Ho pensato di servirmi della fotografia per la sua universalità di linguaggio, un linguaggio che si rivela semplice, diretto e comprensibile da ogni fascia sociale”. Veramente democratico insomma, come ogni vera arte dovrebbe essere.
Giuseppe Fumia
Nella foto: la mostra fotografica delle ville bagheresi. Con Vito Cuti la signora Caterina Codogno, una delle titolari dell’Antica pasticceria Don Gino
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