Lunedì 22 luglio, nei corpi bassi di villa Cattolica, sede del Museo Guttuso, è stata inaugurata una mostra dell’artista bagherese Filly Cusenza dal titolo “Spazio oltre. Punti di dilatazione del corpo”. La mostra potrà essere visitata fino a domenica prossima 28 luglio.
Alcune opere di Filly Cusenza, maestra della Fiber art e autrice di lavori per i musei di tutto il mondo, nell’aprile scorso sono state ospitate con successo in città, nel Centro d’Arte e Cultura “Piero Montana”.
In quell’occasione il coinvolgente allestimento venne intitolato “Il rammendo di una realtà diversa” e, in sede di inaugurazione, si avvalse delle artistiche performance del transgender Massimo Milani.
Quella mostra offrì pure al critico d’arte e filosofo Piero Montana l’opportunità di vergare una bellissima recensione. E anche stavolta a Montana non è sfuggita l’occasione di realizzare assai bellamente un intenso, profondo saggio di critica che è un vero e proprio inno alla Fiber Art e alla sua creatrice.
Giuseppe Fumia
Il vestito, l’abito è la seconda pelle del corpo. Filly Cusenza parte da questo assunto per introdurci allo spazio immaginario della sua Fiber Art, per lei unico spazio credibile in cui ancora oggi può attuarsi la creazione artistica.Ad eccezione infatti della Body Art, che tra l’altro ha fatto il suo tempo, tutta l’arte iconografica e pittorica. per questa nostra artista, è illusoria e menzognera.
Essa infatti si fonderebbe sulla duplicazione del reale, spacciando quest’ultima per il vero.Pertanto delle correnti dell’arte contemporanea l’unica su cui fare affidamento è la Fiber Art perché essa non ha la pretesa di rappresentare il reale bensì di costituirlo, in qualche modo di esserlo o fabbricarlo, venendo a realizzare non il corpo ma a tessere quella che si può giustamente definire, e questo non metaforicamente, la sua seconda pelle.
Infatti se è vero che l’uomo nasce nudo come tutti gli animali, è pure altrettanto vero che egli è l’unico tra quest’ultimi ad aver avvertito fin dagli albori dell’umanità il bisogno impellente di ricoprirsi e non certo per motivi di acclimatamento, come è ben facile intuire, giacché in tutte le aree geografiche del mondo, anche quelle più temperate se non afose, l’uomo rivestendosi di un abito non ha inteso certo, ricoprendosi, ripararsi dal freddo bensì, sia pure inconsciamente, qualificare la sua vita.Ecco allora che da qui noi scopriamo nella Fiber Art tutta una metafisica.
Essa può essere spiegata dicendo anzitutto che l’uomo con il vestirsi ha voluto fabbricarsi una natura superiore a quella che l’Essere gli aveva destinato. Certo l’uomo già sapeva di essere superiore rispetto a tutti gli altri animali ma proprio, sapendo ciò, ha voluto mettere in atto l’idea, solo allora acquisita, della sua superiorità, anzitutto differenziandosi da essi, avendo contrariamente a loro (gli animali) la capacità di provvedere al suo rivestimento, al suo abbigliamento. Da qui necessariamente ne consegue che il vestito non deve poi, come anche noi in un primo momento abbiamo ritenuto, essere considerato una seconda pelle dell’uomo, ma la sua veste primaria, quella più corrispondente alla sua anima. Infatti é dell’anima più che del corpo che il vestito, l’abito é l’involucro.
Essendo la veste un dono che l’uomo stesso si concede e non altri, un dono che viene a qualificarlo in senso superiore, in esso egli “scopre” paradossalmente la sua vera natura, ossia una natura più profonda che lo differenzia dagli altri esseri viventi: la veste che come involucro dell’anima più che del corpo é la sua dote congenita, spirituale.In altre parole nel vestirsi l’uomo stesso si concede un dono unico che altri non hanno e non possono ricevere. Ma questo dono, e qui bisogna fare attenzione, essendo costituito da una dote spirituale, va inteso più propriamente come un carisma.Si perché è con l’abito che l’uomo vuole distinguersi, attribuendosi dei poteri speciali, altamente qualificanti.
Si pensi alle divise dei militari o delle forze dell’ordine, all’abito regale dei monarchi e degli imperatori, o agli abiti indossati dai membri dei vari ordini monastici o a quelli soprattutto rivestiti in particolare durante le funzioni liturgiche da preti, vescovi, cardinali e papi.Tutti questi esempi sono testimonianze che l’abito è una qualificazione speciale e se è vero che l’abito non fa il monaco, è pur vero che senza l’abito il monaco non ci sarebbe. Già perché l’abito è l’essenza di una qualificazione umana resa manifesta, cioè a tutti visibile.
Ed è soprattutto questa visibilità ad essere importante, giacché è solo grazie ad essa, che, ad esempio, monaci, suore, preti, cardinali e papi fanno pubblicamente professione di fede.L’abito- dicevamo- è un carisma, un dono che si acquisisce nel momento in cui di esso ci si riveste. Esso non solo ci qualifica ma ci dà dei poteri, seppure a volta, solo subliminali.Da sempre infatti l’abito ha esercitato il suo potere di fascinazione, di seduzione.Un esempio.
E’ con l’abito lungo e bianco, fluttuante di veli, tutti di un candore immacolato, che la sposa va all’altare. Con esso infatti la sposa vuol palesare a tutti di concedersi al suo sposo non solo in uno stato di purezza e verginità ma anche con la volontà di appartenere unicamente all’uomo che ha scelto per sempre come marito, come compagno di vita, per il quale soltanto ha conservato intatta la sua intima purezza. Non dimenticando tra l’altro che non è in un luogo qualsiasi che ella pronuncerà la promessa al suo sposo ma su un altare per renderla sacra ossia inviolabile, su un altare dunque al quale accostarsi con un abito adeguato, l’abito da sposa, la veste per eccellenza della purezza, richiesta dallo sposo (?) e dalla sacralità del luogo.Fatta luce sulla metafisica della Fiber Art ossia sul fatto che l’arte del tessuto e dell’abbigliamento rivela la natura superiore dell’uomo, passiamo ad analizzare la mostra di Filly Cusenza, consistente in quella che si può considerare un’unica installazione, avente il bel titolo SPAZIO OLTRE, PUNTI DI DILATAZIONE DEL CORPO, mostra realizzata all’interno di uno dei corpi bassi di Villa Cattolica, sede del museo Guttuso. Abbiamo detto all’inizio del nostro articolo che la Fiber Art concretamente viene a realizzare la seconda pelle dell’uomo.
Ora senza contraddirci, dal momento che in vero l’abito é più la veste dell’anima che del corpo, dobbiamo dire che tuttavia é dal corpo che pur bisogna partire, giacché il corpo necessariamente fa da supporto dell’anima. Dunque l’abito, il vestito dell’uomo in quanto da considerarsi anche, seppur non primariamente ma secondariamente, come seconda pelle dell’uomo conseguentemente viene assimilato al suo stesso corpo, di cui viene a costituire una sua estensione.Il corpo dunque nel suo abbigliarsi patisce una sua intrinseca estensione. L’estensione a sua volta è concepibile solo attraverso lo spazio in cui essa può avere luogo. La Cusenza pertanto accantonando solo provvisoriamente l’arte sartoriale che le è congenita, un’arte, è bene ricordarlo, a misura d’uomo, si abbandona alla malia dell’immaginario, proiettando la veste dell’uomo oltre la forma di questi e nel far ciò, essendo pienamente consapevole di dilatarne il suo corpo.Un corpo che in questo caso si proietta, si estende oltre il suo, diventando così come una sorta di corpo mistico, che viene a inglobare, a contenere le membra di una varia umanità.La mostra della Cusenza pertanto ci richiama alla memoria l’epopea disperata di una Guernica, con la differenza che le membra dell’umanità non sono raffigurate in una sola tela bensì disseminate in uno spazio, avvolto da lenzuola.Ora noi sappiamo che le lenzuola hanno un valore emblematico per la Cusenza. Esse sono intessute della stessa materia evanescente dei sogni. Bagnate e fertilizzate dal sudore e da liquidi seminali, sono esse a generare le figure della nostra fantasia, figure mutile, perché fantasmatiche, figure ancora a venire perché mancanti di materia, di un sostrato solido, consistente, reale.E’ da qui che nasce lo smembramento, lo strazio. L’arte della Cusenza nasce da un’amara riflessione sull’arte, ossia dalla sua impossibilità oggi a essere veramente credibile, affidabile, essendo la sua realtà sempre più effimera ed evanescente.La verità è che l’arte è morta e che a noi rimane solo il tempo del lutto e delle lacrime.Da tempo a dire il vero la Cusenza ha abbandonato il campo dell’arte, rifugiandosi, trovando scampo nella Fiber Art, ossia in un’arte a latere più prossima all’artigianato, in un’arte tuttavia non di serie B, in un’arte ancora non del tutto apprezzata, e valorizzata, come merita, in quanto poco si conoscono le sue vere ed importanti istanze metafisiche.Che dire dunque di questa mostra della nostra artista al museo Guttuso?Come la fenice l’arte nonostante tutto è immortale. Essa rinasce dalle sue stesse spoglie, nel momento stesso in cui depone il suo cadavere. E’ quel che fa la Cusenza e che non tutti gli artisti hanno il coraggio di fare. Deporre le spoglie ossia abbandonare le forme usurate dell’arte per rinnovarla e farla rivivere immortale, andando al di là anche dei supporti in cui si è preteso fissarla.Tempo fa la Cusenza ci confidava l’intento della Fiber Art. Parlando di essa ci diceva che era ora che l’arte uscisse dai luoghi finora ad essa deputati o delegati, che la Street Art aveva ragione da vendere nel portare l’arte in mezzo alle strade, ma che ancor di più ha ragione la Fiber Art a portare l’arte fuori dal quadro e di una tela incorniciata.
La Fiber Art come la Street Art esce oggi dai musei e la si può incontrare ed ammirare per strada, ma di più fa la Fiber Art che non è un’arte esterna all’uomo e che pertanto questi può portare a passeggio ovunque, essendo un’arte che si indossa. In parole povere la Fiber Art è un’arte che fa parte della natura superiore dell’uomo, il quale, se ne é consapevole, non la rinchiude in luoghi deputati, ma la porta ovunque con sé, non separandosene mai, perché fa parte della sua intima ed inalienabile natura. Certo l’uomo si spoglia, ma per mettere a nudo la sua animalità, come quando è Eros il suo dio, che gli comanda di cedere, di abbandonarsi totalmente al piacere e ai suoi istinti sessuali, ma questo è un altro discorso, che non inficia quello, il cui oggetto qui in maniera contingente trattiamo.A volte nella vita può capitare di avere non necessariamente dall’Alto una qualche Rivelazione e di convertirsi ad essa. E quel che è accaduto alla nostra Filly già diversi anni fa.
Dopo essere per tanto tempo operativa nel campo dell’arte tout court, ha volto ad essa le spalle per dedicarsi interamente alla Fiber Art, intravedendo in essa un’istanza metafisica che sola può contribuire a dar ancora fiducia, a far ancora affidamento ai valori di un’arte, che per l’uomo moderno possono dirsi davvero soteriologici. La Fiber Art infatti non svaluta l’uomo, al contrario viene a potenziarlo. E’ quanto ancora non hanno capito i cultori superstiti dell’arte tradizionale. In una società in cui l’uomo è ridotto sempre più ad un essere, ad un individuo senza qualità, ecco che la Fiber Art interviene invece, sia pure a suo modo, non solo a volerlo qualificare ma anche a volerlo potenziare con i doni, i poteri subliminali, i carismi particolari, che con le vesti, gli abiti da essa fabbricati, confezionati concede.Si diceva dell’uomo senza qualità.
E’ forse un caso che il “romanzo” ritenuto più importante del Novecento, forse più importante dell’Ulisse di Joce e dell’opera di Marcel Proust, La ricerca del tempo perduto, è per l’appunto L’uomo senza qualità di Robert Musil?Che la Cusenza abbia letto o meno l’opera di Musil, resta il fatto che ella con la sua arte, certo a suo modo, ne è nello spirito un’interprete fedele ed ideale, giacché l’essenza di questa sua arte non va intesa banalmente nel voler semplicemente rivestire l’uomo ma, tramite la Fiber Art, di rivelarlo a se stesso nei doni, nelle qualità che gli sono più congeniali.
Piero Montana