Categoria: Società

  • SOCIALE: Salta il corso di ricamo e cucito organizzato dalle Figlie della carità

    Dopo sedici anni, per la prima volta a causa dell’emergenza sanitaria, il corso di ricamo e cucito organizzato dalle “Molte ragazze ci hanno chiesto di potere partecipare al corso di ricamo e cucito – dichiara suor – ma per motivi di opportunità e sicurezza, quest’anno abbiamo preferito rimandarlo al prossimo anno”. In precedenza, erano un centinaio le bambine e le ragazze di età compresa tra gli 8 e i 18 anni, che nel mese di giugno e luglio frequentavano giornalmente, i locali di palazzo Butera per imparare il ricamo, il punto a croce, il punto filza, il punto catenella, il punto nodini, il punto giorno e per realizzare una serie di lavoretti tra cui centrini, asciugamano, tovaglie, tovaglioli per bambini, gestito dalle stesse suore e da un gruppo di mamme esperte nel cucito.

  • Raccolta fondi per tre progetti sociali

    In piena emergenza, causata dalla pandemia da Covid-19, non si arresta per fortuna la solidarietà, verso chi, specialmente in questo brutto periodo, ne ha maggiormente bisogno. , programma di informazione televisivo, ha organizzato ben tre raccolte di fondi, per altrettanti progetti sociali, attraverso Facebook. Il primo progetto sociale è rivolto a sostenere l’ AISF ONLUS (Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica) , associazione formata da medici e volontari, per contrastare la fibromialgia, una grave malattia che colpisce l’apparato muscolo-scheletrico e che, nonostante in Italia sia diffusa tra circa 2 milioni di persone, non è stata ancora riconosciuta, ufficialmente, come patologia. Le conseguenze del mancato riconoscimento della sindrome fibromialgica come patologia, sono purtroppo molto gravi, poiché non essendo stata ancora inserita nella nomenclatura ufficiale delle malattie, non rientra di conseguenza nei L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza, definiti dal Ministero della Salute) e non ha nessun codice di esenzione ticket. Si tratta quindi di un problema a cui deve far fronte il sistema sanitario italiano, oltre ad una maggiore presa di coscienza, non solo a livello istituzionale, ma anche da parte del personale sanitario, affinché la Sindrome Fibromialgica venga riconosciuta, con un’opportuna e mirata attività di formazione. Grazie ad un decreto assessoriale della Regione Sicilia, emanato alla fine di gennaio 2020, si è sancito l’approvazione delle Indicazioni per la diagnosi e trattamento della Sindrome Fibromialgica; un importante passo avanti, verso il contrasto della sindrome fibromialgica, ma che tuttavia non è ancora sufficiente, poiché c’è ancora molto lavoro da fare per ottenere, finalmente, il riconoscimento della patologia da parte del Sistema Sanitario Italiano. Un altro progetto sociale, dal titolo: , si rivolge al sostentamento economico delle fasce più bisognose, per l’acquisto di beni di prima necessità, compresi prodotti per neonati (cibi, pannolini ecc.). L’ultimo progetto, ma non certo per importanza riguarda il sostegno di attività di volontariato per gli animali abbandonati o in attesa di cure o di affido , in modo da non lasciare da soli i nostri amici a quattro zampe, in in momento difficile come questo. A tale proposito è doveroso ricordare che gli animali da affezione come cani e gatti, non trasmettono affatto il Coronavirus, come è stato comunicato da moltissime fake news, circolanti in rete. La somma raccolta per tale progetto sarà devoluta all’attività di volontariato di Stefania Sciortino. Il metodo di raccolta fondi, avviene mediante delle donazioni libere, servendosi di un’apposita pagina Facebook, creata da Life 24 magazine. Life 24 Magazine è un Format Web, ideato e condotto da Stefania Riccobono, responsabile della comunicazione. Inizialmente dedicato alle news e al gossip, Life 24 Magazine si è sviluppato poi con un’ampia vetrina dedicata ai servizi, che hanno come protagonisti e tematiche, il pubblico e le loro attività, le loro passioni ed i loro talenti. Si tratta quindi di uno spazio dedicato agli eventi di moda, agli stilisti emergenti, a discipline sportive, eventi culturali, alla cucina e i suoi segreti e tanto altro ancora. Il format televisivo, si occupa, in ultima analisi, di raccontare la realtà delle bellezze e delle attività presenti nel territorio siciliano.

  • La “Piana d’Oro” partecipa ad un bando e serve il tuo aiuto

    La “Piana d’Oro” partecipa ad un bando e serve il tuo aiuto

    L’associazione “La Piana d’Oro” ha partecipato ad un bando presentando il progetto di recupero per la riqualificazione della piazza Carlo D’Oglio che si trova di fronte l’asilo nido Orazio Costantino. Per vincere bisogna essere tra i progetti più votati e per questo motivo l’associazione chiede l’aiuto di tutti. Basta seguire il link e votare. Sulla pagina troverete il video di Michelangelo Balistreri che spiega il progetto e chiede il voto. questo il link dove si può votare. AIUTACI A COINVOLGERE 10 TUOI AMICI. L’Associazione La Piana D’oro grazie al tuo aiuto é terza nella votazione del bando che ci permetterà di riqualificare Piazza Carlo Doglio, di fronte l’asilo nido Orazio Costantino. Per vincere abbiamo bisogno del voto dei tuoi amici, inoltrando questo messaggio a 10 tuoi amici, puoi riqualificare una piazza della nostra città.

  • La scomparsa di Audino Arabia

    conosciuto ed apprezzato prima come portiere e poi per lunghi anni come allenatore del Ne scrivo ancor prima che da nipote acquisito, da appassionato di calcio che nei trent’anni circa di frequentazione e conoscenza ne ha apprezzato le doti umane, la profonda cultura calcistica e soprattutto la grande stima e notorietà che riscuoteva nell’ambito sportivo a livello regionale e non solo. città dalla quale non si era mai del tutto staccato, vi ritornava ogni estate per trascorrervi le ferie, città che lo ha visto protagonista come giovanissima promessa ad appena 17 anni del Taurianova e poi come direttore Tecnico del Catanzaro negli anni 90 in serie B. Da Catanzaro si era trasferito al Trapani in serie C, giovanissimo nella Sicilia della metà degli 50 inseguendo il sogno del pallone. Un pallone d’altri tempi, di cuoio scuro e pesante, che lo aveva portato in giro per tante società, prima di approdare a Bagheria. Era un portiere alto Audino, per quei tempi, con i suoi 1.82 cm, scattante come una saetta, lo apprezzavano per le sue prese aeree ma anche per i suoi modi fieri e gentili . Ed e’ a Bagheria che da giovane portiere del Bagheria Calcio in serie D conosce la giovane Pina Di pasquale, si sposa e decide di metter su famiglia e qui infatti che nasceranno presto i figli Maria Concetta ed Antonello. Quando il calcio non bastava ancora a sostenerti anche se eri un bravo e promettente portiere, Arabia è costretto a farsi assumere ai cantieri navali di Palermo, titolare all’epoca di una delle squadre e degli impianti , quello dell’Acquasanta, dilettanti più forti di Sicilia. Finiti i turni di lavoro e lì che corre a piazzarsi fra i legni della porta ed al contempo ad allenare i suoi ragazzi. Dopo un grave infortunio nel campionato 1966 Arabia è costretto a fermare i suoi voli fra i pali. Sono gli anni del grande portiere della nazionale inglese Gordon Banks e del loro unico titolo mondiale ed il calcio nazionale comincia ad apprezzare le gesta di Zoff e di Albertosi in Nazionale, e Audino la cui passione e l’amore di una vita non si possono fermare, si reinventa subito allenatore, prende il primo patentino a 32 anni e comincia li la carriera del Mister Arabia. Conosciuto in tutte le piazze calcistiche provinciali di Sicilia, ma anche in Sardegna, in Puglia siede su tante panchine importanti nel mondo del calcio di provincia, che appassiona e crea giovani promesse. Dopo aver conseguito i patentini di allenatore semiprofessionista, anche negli staff tecnici di diverse squadre di serie C e poi del suo Catanzaro Calcio in serie B. Si confronta con vecchi amici di sempre, chiamati a sedersi sulle prestigiose panchine della serie A, da Scoglio a Mazzone a tanti altri spesso citati e raccontati nelle sue lunghe discussioni sul calcio di una volta. Una carriera che a Bagheria così come a Termini Imerese o a Partinico tanto per rimanere in provincia lo vide protagonista, forse negli anni più belli per l’ambiente calcistico locale, ma che per il suo carattere forte e diretto, lo aveva poi visto allontanarsi dal giro e dalle società che si erano susseguite. Comunque, sempre, in questi anni decine e decine di ex giovani calciatori, che erano passati dalle sue squadre lo ricordavano con grande affetto e stima . Una vita fatta di tante trasferte, di tante battaglie e di tante amicizie, in quel mondo oggi, ambito e fantastico perché pieno di denaro, a cui lui da vero sportivo schernendosi non voleva dare troppa importanza, e su cui non tollerava paragoni , men che meno sulla sua persona, salvo sempre ricordare I’intervento di quel suo leggendario coetaneo Gordon Banks , scomparso 2 mesi orsono, su un colpo di testa di Pelé durante il Mondiale 1970, ritenuta da molti la più grande parata della storia del calcio,

  • Le opere di Gim Balistreri al Museo Guttuso

    , esposte al secondo piano del Museo Guttuso, bisogna tornare indietro di 10 anni circa, quando nel settembre del 2007 l’artista asprense nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo presentava la sua bellissima mostra “… e gli dei, invidiosi, guardano e In questa mostra Balistreri con installazioni e pitture evocava i fantasmi di un medio evo prossimo venturo, tracciando genialmente un ponte tra le sue fantascientifiche istallazioni e l’affresco Il trionfo della morte dell’anonimo maestro del XV secolo. Queste opere erano infatti legate dalla rappresentazione di un identico destino: l’arrivo incombente, galoppante dell’apocalisse. Al grandioso affresco il nostro artista tra il 1992 e il 1994 aveva dedicato degli interessanti studi che sicuramente avrebbero meritato maggiore notorietà ed attenzione da parte della critica, se si pensa che essi furono realizzati nel clima allora entusiasmante di un ritorno alla tradizione pittorica, che ebbe il suo apice nell’affermazione di correnti dell’arte contemporanea, quali la transavanguardia, il citazionismo, l’anacronismo. Gli studi di Balistreri sul trionfo della morte, a differenza tuttavia di molte  opere alquanto di maniera di questo particolare periodo, sono ancora oggi apprezzati da noi per un puro, essenziale tratteggio delle linee in una scabra spazialità in cui le figure dell’affresco singolarmente citate vengono immerse, denotando così una raffinata sensibilità per il dettaglio che emerge quasi sempre da una materia pittorica in dissoluzione. Di questa materia “scrostata”, scarnificata ci piace ancora dire che essa non solo rappresenta ma è la realizzazione pittorica della prima fase dell’opera alchemica: la putrefactio meglio conosciuta come nigredo. Per Balistreri infatti << la storia di un’opera d’arte, non è soltanto la realizzazione oggettiva relativa all’idea, al progetto e ai processi di esecuzione, ma è anche la storia delle sue vicissitudini, poiché ogni opera compiuta, continua a vivere e a trasformarsi, percorrendo un ineluttabile destino di morte>> (1) C’ è dunque un legame intrinseco tra le opere del nostro artista ed il trionfo della morte dell’anonimo maestro del XV secolo così tanto amato. Questo legame è dato dal sopravvento nelle sue opere delle Nell’ultimo ventennio della sua vita (1993-2013) Balistreri ha messo allo  scoperto questa maliosa e segreta vocazione di Thanatos, che trova così piena espressione nelle sue opere esposte al Museo Guttuso, di cui possiamo ora iniziare a parlare, incominciando dal suo Studio sul trionfo della morte, macabra anatomia della testa scarnificata del cavallo, nell’affresco di Palazzo Abatellis cavalcato dalla Morte, che mostra denti, lingua e l’orbita dell’occhio enucleata, vuota. In questa testa ridotta all’osso, come vista in una sorta di radiografia, un inquietante contrasto è creato però dal colore roseo del palato, della lingua e delle gengive, come fossero ancora vive, uniche tracce superstiti della carne, di un mondo organico non andati del tutto in dissoluzione. Ma ancora questa testa di cavallo è raffigurata sulla tela come emersa da un intonaco in gran parte scrostato, rovinato e con notevoli parti mancanti intessute di screpolature. Questa frammentazione e corrosione della superficie di un affresco, che Balistreri ha voluto rendere palpabile nella sua opera, ricorrendo anche all’alterazione dei colori, << sono segni di un processo di morte che…degrada l’“oggetto” (rappresentato),  immergendolo in una sottile ed intricata trama che lo rende meno identico, imprendibile e più misterioso.>> (2) Un altro bellissimo dipinto è Attila. In questa tela la rappresentazione figurativa cede il posto all’espressionismo astratto. L’opera evoca la forza distruttrice e selvaggia della natura e dell’uomo in preda ad un furore incontrollato. Questa forza annientatrice è resa da larghe pennellate di colore che contrastano con un fondo bianco. La tecnica utilizzata da Balistreri è vicina a quella dell’action painting e dell’arte informale. Opere che si richiamano a una nuova concezione della pittura con l’uso di materiali extrapittorici sono Arterie, Il canto delle sirene, Fuoco. I tre lavori sono senza data come del resto tutte le opere di Balistreri in esposizione al Museo Guttuso. In Arterie c’è una predominanza di nero e di bianco. Il nero è dovuto alla carbonizzazione di materiali riciclati e combusti. L’opera fa parte (?) di quella produzione di lavori esposta nel 1991 nella mostra Silenzi allestita nel cantiere dell’Antica Trizzana a Porticello. In alto sulla destra del quadro è piantato un chiodo da cui pende una cordicella rossa come unico, sottile filo dell’immaginario a cui, nella desolazione, l’artista ci  invita ad aggrapparci. Il canto delle sirene è il titolo dell’opera che primariamente fu esposta nella mostra omonima tenutasi nello studio dell’artista ad Aspra nel 1998. In essa Balistreri utilizza una rete metallica, dell’intonaco e materiali riciclati su un supporto di legno. L’opera verticalmente è spaccata quasi a metà e ricucita con spago in una sorta di sutura. La lacerazione tra le due parti del tessuto dell’opera ciò nonostante rimane aperta, come una ferita che non vuole richiudersi, ma a sedurre maggiormente l’artista è l’aspetto trasandato, frammentato, logorato dal tempo che egli dà alla superficie del suo lavoro. << È questo perennemente “nuovo” del mutamento e della trasformazione, presente nel degrado, che mi richiama a percorrere strade antiche che mi appaiono sempre nuove. >> (3) Fuoco infine, con cui chiudiamo la nostra rassegna delle opere di Balistreri esposte al Museo Guttuso, è una tela di colore nero divisa in sedici quadrati in una sorta per l’appunto di griglia incandescente come a ricordarci che fiamme sprigionanti dall’interno, strutturalmente ci consumano avviandoci ad un destino votato alla morte. In questi ultimi lavori oltre ai materiali riciclati l’artista- è il caso di ricordare-ha fatto largo uso di garze come fosse un medico o un infermiere intento a fasciare, a tamponare delle piaghe infette e purulente. Da questo impiego di garze sulla superfice di una tela scaturisce una concezione patologica dell’opera d’arte, come se essa fosse intimamente in gran parte già piagata, corrosa dalla lebbra del tempo. Ecco allora che da queste opere “malate” scaturisce per Balistreri la vera sorgente del canto, di quel canto malioso delle sirene che ha il potere di incantarci, di trascinarci controvoglia verso il non “ … e gli dei, invidiosi, guardano e ridono”, pag.36

  • Un anno dalla morte di Nino Buttitta nel ricordo del prof. Lo Piparo

    E’ morto nella notte tra il 2 e 3 febbraio del 2017 Antonino Buttitta, antropologo, docente universitario e politico del Partito socialista, di cui arrivò ad essere segretario regionale e deputato nazionale. Era nato a Bagheria il 27 maggio del 1933. E’ stato ideatore della fondazione intitolata al padre, il poeta Ignazio Buttitta. E’ stato professore emerito dell’Università di Palermo, dove ha ricoperto il ruolo di docente e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia (dal 1979 al 1992), nonché presidente dei corsi di laurea in Beni demo-etno-antropologici e alla magistrale in Antropologia Culturale ed Etnologia. Era il terzo dei 4 figli di Ignazio, con Pietro (giornalista Rai scomparso nel 1994), Flora e Aurora. Aveva due figli. Pochi giorni fa, il 18 gennaio, aveva partecipato ad un incontro pubblico a Bagheria in ricordo della figura di Peppino Tornatore, dove aveva tenuto un discorso come sempre connotato da grande arguzia. Conosciuto e apprezzato studioso in tutta europa per i suoi studi sulla Sicilia, dagli ex  voto, alla pittura sul vetro, al grano e le feste religiose. In poco tempo sono andati via tutti i punti di riferimento della mia vita culturale e accademica. Li ricordo nell’ordine in cui ci hanno lasciati: Pippo Giarrizzo, Umberto Eco, Natale Tedesco, Tullio De Mauro e, adesso, Nino Buttitta. Di essi Nino l’ho conosciuto per primo. Doveva essere l’anno 1961 o 1962. Ero studente liceale, Nino era giovane assistente di Cocchiara. Eravamo nella casa di campagna  di Fernando Scianna, allora matricola della Facoltà di Lettere.Era qualcosa come una scampagnata dove si mangiava, si beveva, si scherzava. C’erano diversi docenti universitari che naturalmente non conoscevo. Ero stato invitato da Fernando ma ero troppo giovane e timido per partecipare alle loro discussioni e ai loro scherzi. Fui un attento e intimidito spettatore. Nino alla fine della giornata si esibì in una gara di bevitori di vino. Mi pare si chiamasse “il tocco”. Trovavo strana la scena e, lo confesso, poco coerente con l’idea che mi ero fatta degli studiosi e professori universitari. Ma ancora non conoscevo la complessit� Quella differenza tra me e Nino perdurò fino alla fine: Nino estroverso io introverso, Nino amava teatralizzare la sua esistenza io tendevo a vivere rinchiuso in me stesso, Nino amava scherzare io molto, troppo, serioso. Nel mezzo secolo abbondante che ci separa da allora sono accadute molte cose e i nostri rapporti hanno subito vari cambiamenti. I ricordi affollano la mia mente ed è impossibile metterli in ordine. È un pezzo di storia accademica, politica e scientifica. Piccola storia ma importante per chi l’ha vissuta. Ci è capitato di tutto. Gli aiuti che non mi ha fatto mancare nella mia iniziale carriera universitaria, qualche duro dissidio accademico (una volta per un mese mi ha tolto il saluto perché pensava, sbagliandosi, di averlo tradito in una votazione per chiamate di concorsi), la reciproca  stima scientifica che però non ci impediva di polemizzare su questioni importanti, le scelte politiche (lui importante dirigente socialista e figlio di comunista, io simpatizzante del pci e figlio di democristiano), eccetera eccetera. Un episodio che pochissimi conoscono tratteggia bene il personaggio. Mi è stato prima raccontato da Nino (e io stentavo a crederci, Nino era un grande affabulatore che amava stupire i suoi ascoltatori) e poi, in maniera autonoma, da Umberto Eco. Siamo nella seconda metà degli anni cinquanta. Al giovanissimo Eco viene consigliato per superare un intoppo nella sua iniziale carriera accademica di andare a Palermo ad omaggiare il potente professore Giuseppe Cocchiara, allora Preside della Facoltà di Magistero, e di cui Nino era assistente. Nino e Eco si conoscono in quell’occasione. Nino da una posizione forte rispetto al torinese Eco che scendeva a Palermo per così dire col cappello in mano. Il grande barone si degna di ricevere il giovane e sconosciuto Eco solo dopo avergli fatto fare un po’ di giorni di anticamera. Nino fa da tramite. Ottenuto finalmente il colloquio con Cocchiara Eco non ha più i soldi per comprare il biglietto del treno per tornare a Torino. Nino glieli dà. Eco mi ha raccontato che non ha mai dimenticato quel gesto generoso e lui, ormai intellettuale potentissimo e famosissimo nel mondo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per Nino. Quando me l’ha raccontato, a Bologna, sentivo che ne era ancora commosso. Questo era Nino Buttitta, uomo che ti aiutava quando tutti si voltavano dall’altra parte. Ne ho fatto anch’io una volta esperienza.

  • A Palermo nasce la casa di produzione cinematografica Kàlama Film

    , una casa di produzione cinematografica fondata dal bagherese Tra i fondatori il bagherese Fabrizio La Monica. Primo film “Vork and the Beast” Primo film di questa nuova realtà è , di genere dark fantasy, il primo del suo genere realizzato nei circuiti indipendenti siciliani. Scritto e diretto da Fabrizio La Monica, Vork and the Beast ha richiesto quasi tre anni di duro lavoro, un progetto ambizioso che culminerà in varie sale  cinematografiche nel corso del 2018. Tra le location scelte dal regista, anche monte Catalfano, esplorato in lungo e in largo e reso  irriconoscibile dalla fotografia del film, elaborata durante la post produzione. Cast e maestranze completamente siciliane, principalmente bagheresi e palermitane, in cui figura anche Roberto  Ardizzone, scrittore e attore bagherese giù  protagonista nel 2016 del cortometraggio”Indaco”, sempre diretto da La Monica e che ha riscosso un ottimo successo nel territorio. Su youtube è possibile visionare i trailer del film e anche il making of, nel canale “Kàlama Film”. Il film verrà proiettato il 18 Gennaio 2018 nel cinema “Al Politeama multisala” di Palermo e il 5 Febbraio al Supercinema Multisala di Bagheria.

  • “Indimenticabile” visita di Irene Pivetti al Museo dell’acciuga

    , già Presidente della Camera dei deputati, è stata ad Aspra ospite di Trovandosi da qualche giorno a Palermo per discutere di imprenditoria e sviluppo economico-  sociale, la Pivetti ha espresso il desiderio di visitare la struttura museale dei fratelli Balistreri di cui aveva tanto sentito parlare. All’ex presidente della camera donato un bassorilievo di Vi si è quindi recata con alcuni conoscenti ed è stata accolta come una vecchia amica da Michelangelo. Questi, oltre a fare da cicerone fra gli interessanti manufatti della tradizione marinara, ha declamato le poesie più significative di sua composizione. Quindi, alla domanda se quel luogo di memorie suscitasse in  lei una qualche emozione, gli è stato risposto che non solo si sentiva emozionata ma anche più “ricca” di prima. La Pivetti, nel riferire di avere  vissuto un’esperienza indimenticabile e che presto tornerà ad Aspra, ha assicurato che si spenderà per far conoscere meglio lo splendido museo che “la sensibilità e la generosità di due talenti di Sicilia hanno saputo realizzare”. Prima di lasciare il sito, l’ospite ha ricevuto in omaggio un bassorilievo in bronzo dorato che il maestro Carlo Puleo, autore dell’opera, ha consegnato di persona.

  • Rosario Martino e la sua battaglia di civiltà

    è un disabile con problemi deambulatori, che gira per Bagheria con il nuovissimo scooterino elettrico, appena consegnatogli dalla Usl avendo vinto una guerra burocratica all’insegna della dignità umana. Con questo mezzo di locomozione è sceso materialmente in campo (cioè in strada) dichiarando, suo malgrado, guerra a tutti coloro che pur avendo la grande fortuna di poter deambulare in perfetta salute occupano con estrema disinvoltura scivoli, accessi e posteggi realizzati per consentire ai disabili di potersi muovere liberamente. La guerra non è dichiarata soltanto agli automobilisti strafottenti ma anche alle autorità preposte al mantenimento ed al rispetto di regolamenti  che dovrebbero rappresentare la dignità e la civiltà di una collettività. Da qualche tempo Rosario gira per le vie di Bagheria con la ed ogni volta che si trova dinanzi all’immancabile scivolo bloccato da chi posteggia incivilmente, prima fotografa e poi telefona alle autorità (carabinieri, polizia o vigili urbani) per  l’immediata rimozione del veicolo. L’intervento delle forze dell’ordine è quasi sempre immediato ed immancabile l’arrivo del carro attrezzi che porta via il mezzo con tanto di , importo che in questi caso non prevede lo sconto del 30% anche se pagato entro 5 giorni e con  l’aggiunta di un congruo numero di punti decurtati dalla patente. La determinazione di Rosario non si limita soltanto agli accessi stradali ma anche contro la quasi totale presenza di barriere architettoniche che pregiudicano l’accesso a strutture pubbliche. E’ nato un caso nazionale quando gli è stata inibita la possibilità di assistere al matrimonio della figlia per l’impossibilità di utilizzare un ascensore che gli consentisse di salire al primo piano. In questi ultimi giorni sta lottando per il mantenimento di una pedana esterna che gli consenta di accedere alla sua abitazione magari con la predisposizione di una apposita segnaletica che scoraggi il malintenzionato che intenda mettere in atto danneggiamenti alla struttura in metallo magari per ripicca contro la sua battaglia di civiltà. “Alle volte rimango bloccato anche per decine di minuti – afferma Rosario – in attesa che il proprietario dell’autovettura che blocca l’accesso torni e liberi il passaggio. Ma quando dopo un certo tempo non si presenta nessuno oltre alla foto, che quasi sempre posto su Facebook, telefono alle forze dell’ordine per la rimozione e purtroppo sono situazioni che si presentano molto spesso”. La “redazione” del “Settimanale di Bagheria” ha preso a cuore la battaglia di civiltà intrapresa da Rosario e saremo sempre disponibili ad evidenziare disservizi, abusi e prevaricazioni che limitano la libertà di movimento di persone con problemi di deambulazione e solleciteremo la messa in opera di qualsiasi forma di impiantistica e di segnaletica atta a favorire al massimo la fruibilità e la libertà di movimento di tutti.

  • Un ragazzo bagherese in una pubblicità nazionale

    Ha solo 13 anni ed è tra i protagonisti della nuova pubblicità “Raid Mission Bambini” che sarà trasmessa sia in Italia che in Brasile. L’anteprima della pubblicità è disponibile sul web ed è stata pubblicata sulla piattaforma Vimeo. Il ragazzo bagherese si chiama Fedele Bartolone, figlio di Giovanni e di Letizia Di Salvo. Il ragazzo frequenterà la terza media nella scuola Ciro Scianna.