Categoria: a tu x tu

  • A “tu x tu” con l’assessore Brigida Alaimo”… la mia è una Bagheria dalla personalità ben definita.

    , avvocato ed assessore al Comune di Bagheria, dal 17 giugno 2020, oltre alle deleghe a Contenzioso e Servizi legali, Suap, Turismo e Partecipate, l’esponente di Fratelli d’Italia si occuperà anche dell’impegnativa delega all’Urbanistica-. Assessore, tra le tante deleghe, Lei ha anche quella contro la lotta al randagismo. Qual è la situazione a Bagheria? La comunità di Bagheria ha una sensibilità elevata e ci sono, fortunatamente, persone e associazioni molto attente al tema. Il loro è un impegno costante sul territorio e debbo dire che mi stanno supportando molto in un percorso complesso data l’importanza e la complessità del fenomeno. Abbiamo stipulato una convenzione con l’ASVA che si occupa del recupero e della custodia dei randagi, ma occorre fare ancora di più e per questo ci stiamo attivando per l’apertura di una stanza che funga da sala operatoria per la sterilizzazione. Una volta avviata la sterilizzazione il fenomeno dovrebbe quindi diminuire? La sterilizzazione è una operazione molto complessa non tanto per l’intervento che è comunque delicato, ma soprattutto per la fase post-operatoria. Per le cure del randagio occorrono apposite strutture dove l’animale possa essere seguito assicurandone la salute in ogni momento e, per questi motivi, siamo alla ricerca di locali idonei e pare, anche se è presto per cantare vittoria, che il processo sia in una fase avviata. Non bisogna dimenticare poi che il randagismo è un fenomeno che, purtroppo, viene aggravato, soprattutto in estate, dai numerosi abbandoni di chi vede il cane come un hobby; oltre alla sterilizzazione contiamo di arginare il fenomeno quindi con l’attivazione di campagne di sensibilizzazione. Assessore con delega al turismo, che prospettive ci sono per Bagheria? Bagheria, prima del lockdown, aveva avviato un percorso di definizione del brand “Bagheria città delle ville e del gusto” , per valorizzare il nostro territorio dal punto di vista monumentale e paesaggistico. Non dimentichiamo che Bagheria ha sofferto la vicinanza con Palermo ed è stata penalizzata da certe scelte politiche fatte nel passato e non solo recente. Ritengo che chi amministra una città debba avere le idee chiare e noi cercheremo, partendo proprio dai patrimoni monumentali e paesaggistici presenti, di esprimere all’esterno una Bagheria dalla personalità bel definita. Il turista vedrà le bellezze di Bagheria accompagnato dal gusto: perché i turisti vanno anche presi per la gola, ad esempio con il caratteristico sfincione. L’idea è quella di creare eventi ripetitivi, come lo Sfincione Fest, in modo tale che il turista possa sapere che in un dato periodo dell’anno, troverà quella determinata manifestazione. E su questo contiamo molto Chiederete il supporto di imprenditori locali, nonostante la crisi post-covid? E’ un percorso iniziato, ed il Coronavirus non ha di certo aiutato, però non sono per niente pessimista e credo che si possa ripartire dal turismo di prossimità, su questo ci sono i primi segnali di ripresa. Imprenditori e associazioni credono molto nella città di Bagheria e avviando percorsi di collaborazione sono convinta di continuare nella strada già intrapresa della sviluppo del turismo. Lo scorso ottobre la Borsa del Turismo Extralbeghiero ha visto la presenza di 25 buyer stranieri che, nella prestigiosa Villa Cattolica, hanno incontrato 150 gestori delle strutture extralberghiere siciliane. Questo è servito per far conoscere Bagheria fuori dalla Sicilia ed il ritorno di immagine è stato veramente significativo. Che impatto sta avendo il Bonus Vacanze qui a Bagheria? E’ stata una scelta importante, che condivido, perché credo basti poco per incoraggiare il turista a muoversi, ma è ancora presto per poter verificare i reali impatti e benefici di questa misura del Governo sul nostro territorio. Che misure avete previsto per la viabilità nel centro di Bagheria? Voglio per prima cosa dire che abbiamo creato un rapporto di assoluto dialogo con i nostri commercianti. Ovviamente non è semplice arrivare ad una quadra per i tanti interessi in campo, ma essendo dei democratici cerchiamo di discutere facendo capire quali siano i vantaggi, ad esempio, di una chiusura del centro storico. Per me la chiusura di Bagheria alle auto significa rivalutazione del territorio. L’idea è quella di creare una isola pedonale, come è stato fatto nella frazione marinara di Aspra, con non poche difficoltà, visto le perplessità iniziali dei commercianti. Alla fine però siamo riusciti a creare una isola che, dal venerdì alla domenica, ha ridato ordine e serenità in quel territorio. Aspra ricorre molto nelle sue argomentazioni. Come amministrazione puntiamo molto su Aspra perché è il nostro contatto con il mare. Stiamo cercando di dare una visione completamente diversa, rispetto ai governi precedenti, improntandola sull’ordine. L’idea è quella di creare un mercato caratterizzato da casette in legno che possa essere utilizzato dagli ambulanti e dai venditori al dettaglio di tipo C, il tutto nel rispetto delle norme sul distanziamento sociale. Su Bagheria stiamo studiano alcune soluzioni che possano rispettare gli interessi dei commercianti, ma anche la viabilità anche perché la struttura del centro storico è molto complessa. Bisogna ad esempio trovare le vie di fuga e dare un ordine alla viabilità per poter rendere il tutto più sicuro e più piacevole. Se dico Decathlon, che mi risponde? Sicuramente che non ho nessun tipo di preclusione per i grandi centri commerciali; anche perché, se ben localizzati, possono essere una forma di sviluppo per il territorio. Ovviamente prediligo lo sviluppo delle attività commerciali locali ma, non avendo alcuna preclusione come già detto, le risponderei che eventuali proposte verrebbero valutate con serenità e, soprattutto, nell’interesse di Bagheria. Stagione balneare iniziata e condizionata dal Coronavirus, che può dirmi a proposito? Abbiamo approvato in Giunta ed ancora deve andare in Consiglio, il piano di riutilizzo marittimo. Posso dire che finalmente ci siamo anche se, per questa stagione estiva, siamo fuori tempo e non abbiamo potuto mettere a bando i nostri spazi e le nostre spiagge. Speriamo che il Consiglio possa presto attenzionare il Piano di riutilizzo marittimo per una questione legata soprattutto all’ordine, alla pulizia delle spiagge che se gestita dal privato produce un impatto completamente diverso. Si è perso del tempo prezioso a causa del lockdown? Anche, ma sopratutto per i tempi della burocrazia che negli Enti Locali è qualcosa di veramente pesante al limite della vergogna. Possiamo anche coinvolgere il privato più armato di entusiasmo, ma se per una autorizzazione dobbiamo anche fare la ricerca del dna, si arriva ad un vero e proprio blocco della macchina amministrativa. Su questo tema, mi auguro che il Governo regionale possa presto procedere ad una sburocratizzazione: è essenziale. Da qualche settimana le è stata assegnata anche la delega all’urbanistica. Quanto può essere importante? Tramite l’urbanistica si trasmette la visione di una città: siamo in una situazione particolare perché a breve approveremo la pressa d’atto del PRG, ovviamente da un punto di visto amministrativo è la fine di un iter, ma dal punto di vista politico è l’inizio. Inizierà adesso la discussione politica perché ci sono alcune scelte che questa amministrazione non ha condiviso in primis, e la cosa mi ha particolarmente colpito, lo stralcio di una zona turistica. Esatto e il non avere una zona turistica da PRG per me è estremamente limitativo, anche perché possiamo averla e non c’era nessun elemento ostativo che potesse portare a non approvarla. Il mio impegno, quando concluderemo l’ultimo passaggio amministrativo in merito al PRG del 2017, sarà quindi quello di lavorare per le nuove direttive: il piano particolareggiato del centro storico, la zona turistica e la rivalutazione della Bagheria di oggi. Si deve smettere di parlare di edilizia a Bagheria, anche perché è stato già fatto dagli altri per troppo tempo: bisogna parlare da adesso di rivalutazione di quello che a Bagheria già c’è. Il lavoro è tanto e mi auguro che in Consiglio a breve si approvi questa presa d’atto in maniera tale si possa immediatamente lavorare su quella che è la visione della città che abbiamo e che è molto chiara. Qual è la sua visione di zona turistica? Ovviamente Aspra che, avendo un contatto diretto con il mare, è più semplice da valorizzare, realizzando quei servizi che possano meglio far fruire le spiagge. E si potrà finalmente iniziare a parlare della realizzazione di un porto turistico. Antonio Melita e Francesco Militello Mirto (EmmeReports.it)

  • A “Tu x Tu” con Anna Maria La Bianca

    Nuovi progetti e tanta determinazione, l’intervista ad Anna maria La Bianca. Le piace guardare il mare, forse perché l’azzurro non solo trasmette serenità, ma apre lo sguardo ad un mondo da esplorare.  Ad Anna Maria La Bianca, stilista bagherese, da diversi anni a New York, la determinazione non manca: la passione per la moda, coltivata sin da piccola, l’ha spinta a raggiungere il suo sogno, che, seppure lontano dalla sua terra, racchiude il sole della Sicilia, i colori degli agrumi e il profumo del gelsomino. Uno spirito imprenditoriale e allo stesso tempo creativo, che le permette di avere delle idee subito pronte da mettere in pratica: così, anche quando ritorna nella sua amata Città delle Ville, in compagnia dell’inseparabile gatto newyorkese Pikkilini, i progetti in mente sono sempre tanti: oltre all’imminente debutto del foulard da indossare in cento modi diversi, da una parte anche l’intenzione di una nuova collezione ispirata all’antica arte del ricamo siciliano, dall’altra, uno sguardo rivolto al Medio Oriente, luogo ideale per gli eleganti e sempre più apprezzati foulards firmati “Anna Maria La Bianca Collections”. “A tu per tu” con Anna Maria La Bianca per conoscere le sue  prossime creazioni, ma anche curiosità e pensieri di una businesswoman. Anna Maria La bianca, una donna in carriera a New York. Per quanto riguarda il mondo della moda, quali sono le differenze nei ritmi per una stilista italiana che ha scelto l’America? La differenza è sicuramente culturale: l’America rappresenta un mondo totalmente diverso nel modo di approcciarsi alla vita e di relazionarsi agli altri: questo ha chiaramente dei risvolti in ambito lavorativo ed infatti, indipendentemente da qualsiasi attività, si è molto pratici e produttivi e ci sono dei ritmi molto più veloci. Questo l’ho sempre amato. Fare business è un concetto condiviso e rispettato.  Producendo i miei foulard in Italia spesso devo mediare tra i tempi un po più lunghi italiani con un calendario americano molto più veloce. Qual è la tua ultima creazione? In lavorazione c’è il foulard da indossare in cento modi differenti, i cui angoli, in base a come vengono posizionati o accostati, creano disegni diversi e ricercati.  Poi ultimamente mi sto appassionando e sto studiando l’antica arte del ricamo siciliano fatto a mano e, dunque, in programma anche una nuova Dove è possibile acquistare gli accessori firmati Anna Maria Collections? Negli Stati Uniti direttamente in svariate boutique prestigiose, che trattano conosciuti marchi e designers Made In Italy, nel resto del mondo tramite il mio  s i t o www.annamarialabianca.com. Ultimamente, attraverso i social  media del mio brand, le mie clienti italiane sono venute a conoscenza della mia temporanea  presenza in Italia e sto ricevendo moltissimi ordini da tutta l’Italia e in Sicilia stessa. Alcune, inoltre, che hanno acquistato i miei foulard direttamente a New York, ora continuano a essere clienti affezionatissime, mentre altre sono nuove e, approfittando della mia presenza a Bagheria, hanno potuto scegliere direttamente i foulard toccandoli con mano. Giusto per Natale e per San Valentino con i foulards hanno avuto un grandissimo successo e adesso mi hanno confidato, che aspettano le promozioni sia per la Festa Della Donna che per la Festa Della Mamma. Cosa deve avere una persona per conquistare Anna maria? Gentilezza, apertura mentale, libertà di spirito: sono queste le cose che apprezzo in una persona. Amo i bambini per la loro purezza e voglia di vivere e gli anziani, depositari di saggezza e per i quali nutro un forte rispetto. Anche l’indipendenza, la determinazione, la curiosità, l’energia positiva e la libertà da ogni pregiudizio sono qualità che amo molto nel mio prossimo e che mi conquistano. Amo le persone generose d’animo e sorridenti. In generale penso che l’accessorio dipenda molto dalla persona. Tuttavia, foulard e gioielli per una donna non soltanto sono un piacevole acquisto, ma rappresentano anche un regalo certamente gradito. ho letto che, quando disegni, ascolti musica. Qual è il genere musicale, che ti dà maggiore ispirazione? e invece sul cibo: Italia o America? Il cibo siciliano, non ci sono scuse che tengono e, in particolare, adoro la caponata di melanzane. La prima cosa che fai quando torni a Bagheria? Corro a guardare il mare e, spesso, anche d’inverno (lo confesso) non resisto dal mettere i piedi in acqua. Hai puntato con coraggio all’alta moda, uno dei settori più difficili, lasciando la tua terra. Quanto ha influito la tua famiglia in questa scelta? Tantissimo. La mia famiglia sin da piccola mi ha incoraggiato ed esortato a seguire la mia passione. Non è stato facile e i sacrifici non sono mancati, sia da parte mia, sia da parte di mia madre, che ha sofferto molto nel vedermi andar via ancora giovanissima. Appunto i miei familiari, in particolare mia madre, mi hanno dato quella sicurezza e quella serenità, grazie alle quali ho potuto raggiungere oggi questi traguardi. Un ricordo, un’abitudine o un episodio insieme alla tua famiglia, che ti scalda il cuore e ti fa superare i momenti di nostalgia La nostalgia verso la mia famiglia c’è sempre, anche se sono passati tanti anni da quando sono negli Stati Uniti. Non c’è un particolare momento o un ricordo che mi viene subito in mente, ma è un legame inscindibile con ognuno di loro che mi permette di superare gli ostacoli e mi dà la forza di andare avanti. Il coraggio più grande me lo trasmette mio fratello Dominic, che è venuto a mancare alcuni anni fa: è la mia identità. La sua personalità gioiosa e solare e la sua determinazione nel realizzare il suo sogno di diventare un regista è per me sempre una costante forza motrice. Per me e per la mia famiglia è stato motivo di grande gioia il sapere che le doti e l’abilità di mio fratello siano state riconosciute: dopo avere ultimato gli studi a Los Angeles per diventare regista, infatti, Dominic aveva presentato una domanda per partecipare ad un concorso di regista per un programma televisivo, indetto dalla Rai. Alcuni giorni dopo la sua dipartita, abbiamo ricevuto la lettera che lo decretava vincitore, tra migliaia in tutta Italia mio fratello era arrivato primo. Anche per mia sorella Claudia nutro una grande ammirazione. Lei fa la regista di successo negli Stati Uniti ed è anche un’artista a 360 gradi: è lei infatti che ha realizzato il murales a Piazza Indipendenza e l’ha regalato alla città di Bagheria. Devo la mia felicità e consapevolezza a mio fratello e alle mie sorelle: entrambi, Dominic e Claudia, mi hanno trasmesso il valore e l’ebrezza della libertà di amare se stessi e la vita. Hai un animale domestico? Se sì, come si chiama? Ho un gatto, si chiama Pikkilini e l’ho adottato cinque anni fa negli Stati Uniti: da allora siamo inseparabili e mi segue nei miei viaggi. Moda e stile: ci può essere stile senza moda e moda senza stile? Certamente, lo stile nasce con la persona e quindi può esistere anche quando non si segue la moda. Viceversa, si possono seguire le ultime tendenze in campo di moda, ma non avere stile. Una giovanissima ha comprato un biglietto per gli States, determinata a seguire il suo sogno di stilista. tre cose fondamentali che mette in valigia Senza dubbio un foulard firmato Anna Maria La Bianca Collections. Stilista a parte, il foulard è veramente un accessorio intramontabile: la seta non soltanto dà un tocco di eleganza alla donna che lo indossa, ma da ottimo isolante, è fresca d’estate e calda d’inverno. In valigia, poi, non può mancare il classico Little Black Dress, da usare in ogni stagione e in base alle occasioni, cambiando semplicemente gli accessori. Terza cosa, ma non meno importante, una buona dose di coraggio e apertura al cambiamento.

  • A Tu x Tu con Francesca Paola Bellomo

    Un’associazione storica a difesa  degli animali, (Associazione Siciliana Volontari Animalisti) sin dalla sua fondazione si è contraddistinta nel territorio di Bagheria e di Santa Flavia per la lotta al randagismo e per la tutela dei diritti dei quattro zampe. Se sacrifici e difficoltà non sono mancate nel corso degli anni, parallelamente non sono venuti meno l’impegno e l’amore verso i cani e i gatti in difficoltà. Allestita come centro momentaneo, nell’attesa del tanto anelato canile municipale, la struttura dell’associazione, in via Comunale Marino 1, ad oggi risulta essere in sovraffollamento, ospitando pressappoco 180 cani, molti dei quali, per età e  patologie, necessitano di cure certamente dispendiose. Le difficoltà economiche rappresentano una ferita aperta, destinata a mettere a rischio il benessere e la salvaguardia degli animali del territorio. per accendere i riflettori sul tema del randagismo e conoscere le problematiche a cui deve attualmente far fronte l’associazione. Da tanti anni al fianco degli animali, quando e come nasce l’Asva? L’Asva nasce nel 2003 per la volontà di circa venti animalisti, che già singolarmente operavano nel territorio di Bagheria e di Santa Flavia. Accomunati dall’amore per gli animali, abbiamo deciso di unire le forze per contrastare, in particolare, il randagismo. Allora, la situazione a Bagheria non era affatto semplice: da una parte nessuno attuava interventi di sterilizzazione, dall’altra c’erano per strada numerosi branchi. Abbiamo quindi incominciato con il censimento, l’identificazione, le sterilizzazioni e le campagne di adozione. Pian piano, nel giro dei primi anni, i risultati positivi non sono tardati ad arrivare, nonostantei grandi sacrifici e “gli alti e bassi” con le varie amministrazioni che, da allora fino ad oggi, si sono succedute. Quanto ha inciso, nel corso del tempo, il rapporto con le amministrazioni per lo svolgimento delle vostre attività? Ha influito tantissimo, nel senso che proprie queste hanno determinato, nella maggior parte dei casi, l’efficacia del nostro operato. Alcune amministrazioni, in un primo momento, hanno mostrato una certa sensibilità, purtroppo rivelatasi in seguito apparente e non veritiera. E attualmente come è la situazione? Per nulla rosea. Con l’amministrazione attuale purtroppo non riusciamo ad organizzare concretamente un servizio continuativo nel tempo, a causa dei continui stop and go delle convenzioni. L’ultima, inoltre, non c’è stata rinnovata e quindi in pratica non disponiamo di quella configurazione legale necessaria per occuparci dei cani randagi del Comune di Bagheria. Abbiamo chiaramente cercato di interloquire con l’amministrazione inviando apposite richieste e chiedendo cosa fare, ma alla data attuale non abbiamo ricevuta alcuna risposta. Siamo, potrei dire, in un limbo: da una parte non possiamo esimerci dall’aiutare gli animali – non possiamo permettere che rimangano senza cura e cibo – dall’altra è una situazione certamente difficile da gestire, per la quale vorremmo che non venissero  mai meno i principi di trasparenza e legalità, su cui, nel pieno rispetto delle leggi in termini di tutela e benessere degli animali, abbiamo sin dall’inizio cercato di programmare le nostre attività. Quanti cani per adesso sono ospitati all’interno della vostra struttura? Circa 180 e naturalmente si tratta di un dato che, tra i continui abbandoni e le poche adozioni, è destinato ad oscillare. La sede, all’interno della quale accogliete i cani in difficoltà, ha una storia successiva all’inizio delle vostre attività. Quali sinteticamente i passaggi fondamentali? Un capitolo quello della nostra struttura – potrei dire – storico. Intorno al 2006, in accordo con il Comune facemmo la scelta di prendere un terreno dove allestire un centro temporaneo, con la promessa di un canile pubblico. Si trattava dunque di qualcosa di momentaneo, nell’attesa che ci fossero i presupposti per una struttura concreta ed effettiva. Una luce si accesa nel 2010, con un finanziamento da parte del Ministero: allora infatti venne stanziata una somma di 80 mila euro destinati alla costruzione di un canile pubblico comunale. Peccato che da allora fino ad oggi queste somme non sono mai state impiegate per questo fine e della struttura tanto sperata neppure l’ombra. La costruzione del canile dovrebbe essere per Bagheria una delle priorità che, tuttavia, non trova ancora una realizzazione concreta. La struttura attuale è precaria ed essendo stata ideata con un fine provvisorio risulta poco funzionale ad accogliere i cani in difficoltà. Ne è conseguenza l’evidente sovraffollamento. Qual è il problema maggiore a cui quotidianamente dovete far fronte? Purtroppo i continui abbandoni: abbiamo infatti stimato, sulla base dei dati da noi raccolti, che ogni anno a Bagheria e Santa Flavia vengono lasciati per strada circa 500 cani. Di questi riusciamo ad intercettarne pressappoco 150, 200 ed, inoltre, si tratta prevalentemente di cuccioli o cani adulti malati. Se a ciò aggiungiamo l’indisponibilità finanziaria dei due comuni e l’incapacità di ricevere e ricoverare tutti gli animali abbandonati nel nostro piccolo sito, adibito a ricovero, non possiamo certamente dire di essere soddisfatti. Questi purtroppo non sono molti. Per questo motivo, spesso cerchiamo di coinvolgere i cittadini, in particolare i giovani, non soltanto attraverso il web e i social, ma anche con iniziative di sensibilizzazione sul territorio e banchetti informativi. Struttura e fattori economici a parte, c’è qualcosa che potrebbe essere per l’Asva un valore aggiunto? Per fare in modo che chiunque possa conoscerci e aiutarci con più facilità, potrebbe essere utile ad esempio una sede operativa. Più di una volta abbiamo chiesto che ci venisse affidato un bene confiscato alla mafia, ma l’unica offerta che è arrivata è quella relativa al mattatoio: il contesto era talmente degradante, che avere affidata questa struttura più che un vantaggio rappresentava per noi un problema. Non abbiamo i mezzi per portare avanti il centro, figuriamoci ristrutturare una nuova sede per questo fine. Avete lo spazio per lanciare un appello: CI RIVOLGIAMO AI CITTADINI, AL COMUNE E ALLE ISTITUZIONI: LA SITUAZIONE ATTUALE, CHE RIGUARDA I CANI DI BAGHERIA E SANTA FLAVIA, È ORMAI DIVENTATA INACCETTABILE E DENIGRANTE SIA PER L’ASSOCIAZIONE CHE PER L’INTERA COMUNITÀ. È NECESSARIO COLLABORARE ED OPERARE IN SINERGIA PER GARANTIRE IL BENESSERE E LA TUTELA DEI CANI DEL TERRITORIO. SU QUESTO TEMA, CHIEDIAMO, DUNQUE, ALL’AMMINISTRAZIONE UNA MAGGIORE ATTENZIONE E RISPOSTE TEMPESTIVE.

  • A Tu x Tu con Bartolo Di Salvo

    Ambiente, turismo e strategie di valorizzazione del territorio: sono alcuni spunti di riflessione per una chiacchierata con Bartolo Di Salvo, ingegnere dal passato politico noto nell’ambito dell’amministrazione della città. Alle domande su temi quali l’importanza dei servizi e la sicurezza degli edifici scolastici, emergono considerazioni dal sapore dolce amaro, per le quali non viene meno, tuttavia, nel corso del nostro a tu per tu, la ferma volontà di sperare in futuro promettente per le nuove generazioni. Se il suo biglietto da visita potesse parlare cosa direbbe? Direbbe che sono un uomo che ama la sua città, impegnato da sempre nella valorizzazione del territorio. Un passato in politica con diversi incarichi nell’ambito dell’amministrazione della città. Cosa le rimane di questa esperienza? Sicuramente le relazioni umane. Grazie alla mia esperienza in politica, ho avuto modo, in particolare, di conoscere tantissime persone che con la loro positività ed abilità hanno contribuito al bene della città. Ritengo, tuttavia, che alcune di queste, al giorno d’oggi, non siano state particolarmente valorizzate e che, in alcuni contesti, siano prevalsi interessi più politici o di partito. Invece, quando il fine principale è lo sviluppo del territorio, ho sempre pensato che fosse opportuno mettere da parte il colore di appartenenza, collaborando all’unisono per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. A proposito di politici, molti di loro puntualizzano di essere “al servizio dei cittadini”, ma pare che la maggior parte dei cittadini non la pensi così. Sempre più privati ed associazioni,  infatti, cercano di provvedere, indipendentemente dalla politica, alle problematiche che affliggono il territorio. Lei cosa pensa di questa situazione? E’ una situazione emblematica, espressione di fallimento generale  della politica. Del resto, nel momento in cui non vengono garantiti alla collettività servizi e strumenti, funzionali a rendere vivibile e migliore la città, questa definizione smette di avere senso. Se poi i cittadini, privati o riuniti in associazioni, riescono laddove la politica fallisce, non può che crescere un maggiore sentimento di avversione verso quest’ultima. Penso poi che tutto dipenda dalla scelta della maggioranza, nel senso che chi rappresenta il cittadino racchiude le pretese del cittadino stesso. Tutelare l’ambiente e valorizzare  il territorio a Bagheria: quali, secondo lei, le strategie da potenziare o mettere in campo ? La strategia chiave è puntare ai servizi, sia per creare sbocchi occupazionali nell’ambito per esempio dell’artigianato sia per incrementare il turismo. Che Bagheria abbia un patrimonio culturale ed ambientale di notevole qualità è un dato di fatto, ma oltre a tutelarlo è necessario renderlo  più accessibile attraverso il potenziamento delle infrastrutture e il miglioramento della viabilità. Un ruolo importante ha poi la zona  marinara di Aspra, che può certamente essere fonte di di crescita per il nostro territorio. Passando, invece, alla sviluppo urbano. Pensa che ci sia un legame tra l’espansione urbanistica di Bagheria e il declino della coltivazione dei limoni, un tempo fiore all’occhiello della “città delle ville”? Non c’è una correlazione stretta, ma parziale. Sul limone in passato ha prevalso, per così dire, il mattone: la fine dell’agricoltura a Bagheria è più legata a scelte commerciali, che hanno portato, intorno agli anni ’80, all’abbandono progressivo dei terreni. Il fatto che da una parte lavorare la terra sia molto faticoso, dall’altra che nel mercato globale, i nostri prodotti, anche se di ottima qualità, non siano competitivi in termini di costo, rispetto a quelli degli altri Paesi, ha certamente determinato il decadimento della coltivazione dei limoni Ora però i giovani vogliono tornare all’agricoltura, ci sono anche diversi finanziamenti non irrilevanti E’ un settore che può sicuramente garantire sbocchi lavorativi, ma penso che si tratti di un’agricoltura di nicchia, perché questa città non ha un’estensione tale da giustificare la realizzazione o la ricreazione di una filiera specifica di Ed invece, cambiando ambito, cosa pensa della possibilità di dotare gli edifici scolastici di un certificato che ne attesti stabilità e sicurezza? Con questa domanda non può che venirmi in mente il crollo del soffitto della scuola “Cirincione”, avvenuto lo scorso  anno. Nell’ambito della certificazione, in termini di sicurezza degli edifici scolastici, il provvedimento deve essere salutato con grande favore. Mancano comunque le risorse per una manutenzione programmata delle strutture pubbliche e probabilmente in passato non c’ è mai stato un concreto controllo delle tecniche e dei materiali impiegati nella realizzazioni degli immobili. Resta comunque il fatto che, certificati a parte, le strutture che accolgono i nostri figli dovrebbero essere sottoposte ad analisi strumentali, che ne garantiscano l’agibilità e la sicurezza. Insomma, prevenire è il miglior strumento per evitare eventi drammatici. Nel medesimo modo con cui lo passo ormai da circa cinque anni. Essendo papà di un ragazzo autistico, ogni anno a metà agosto, andiamo in una località del Gargano dove per una settimana cerchiamo di conciliare l’utile al dilettevole: noi ci riposiamo e mio figlio lì svolge delle attività ricreative specifiche. Ma come mai parte? Su questo versante il territorio non offre servizi opportuni? Purtroppo no e lo dico con molta tristezza nel cuore. Dobbiamo spostarci necessariamente, in particolare per la Tma (Terapia Multisistemica in Acqua), una metodologia che utilizza l’acqua per far attivare ed esternare emozioni e sensazioni. Si tratta di una terapia che dà ottimi risultati, ma che è offerta nel territorio nazionale da pochissimi professionisti. In conclusione le chiedo: qual è la sua città ideale? E’ questa, è Bagheria nella misura in cui riesca ad offrire alle nuove generazioni le opportunità per costruirsi la propria vita.

  • A Tu x Tu con Adele Musso

    Sociale, arte e cultura la triade al  centro dell’impegno di Adele Musso, che da ottobre prenderà ufficialmente l’incarico di presidente della Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari) della sezione di Bagheria. Nelle tante attività ed iniziative portate avanti, c’è un unico filo conduttore: la figura della donna, dalla sua tutela sino alla sua valorizzazione, per poi passare agli aspetti del tutto singolari e creativi d’artista, peculiari dell’intervistata. Elementi, questi, che prendono  vita e forma attraverso il personaggio di “Biancaeva”. Incuriositi? Ne parliamo a “tu x tu” con Adele Musso. Un impegno volto alla valorizzazione  delle donne che spazia dall’arte alla cultura, per poi passare all’attività svolta all’interno della Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari. Ma soffermiamoci prima di tutto su questo ultimo aspetto, la Fidapa appunto, cosa è e di che cosa si occupa nello specifico? La scelta di far parte della Fidapa nasce dal volontà di impegnarmi attivamente nella valorizzazione delle competenze e delle abilità delle donne. Credo che poche di noi si rendano effettivamente conto della forza e della potenzialità di cui disponiamo: il semplice fatto di esserne consapevoli non può che rappresentare un passo in avanti nel miglioramento della nostra vita e delle nostre attività lavorative. La Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari) è composta in Italia da circa undici mila socie, è articolata in trecento sezioni, raggruppate in sette distretti, ed è appartenente alla Federazione Internazionale Ifbpw (International Federation of Business and Professional Women). Obiettivo principale è quello di promuovere e coordinare le iniziative delle donne, che operano nel campo delle arti, delle professioni e degli affari, attuando anche delle collaborazioni con enti, associazioni o singoli. Entrando più specificatamente in ambito territoriale, cosa mettere in luce della sezione Fidapa di Bagheria? La sezione di Bagheria, nata tanti anni addietro grazie all’impulso di Giuseppina Sedita, past president nazionale in Italia e candidata come tesoriera per la prossima elezione del direttivo internazionale, si qualifica, in particolare, per le attività svolte in ambito sociale: infatti spesso si organizzano iniziative in sinergia con il Rotary Club e i Lions. Recentemente abbiamo ospitato la presidente internazionale Yasmin Darwich, ginecologa ed ostetrica, proveniente dal Messico, una donna coraggiosa e determinata nella lotta contro ogni forma di discriminazione. Dopo il rinnovo del direttivo, avvenuto a giugno, da ottobre prenderà lei l’incarico di presidente della Fidapa della sezione di Bagheria. Come vive questo nuovo Sembra scontato dirlo, ma non posso non precisare che lo vivo con estrema serietà. In ogni cosa che faccio, del resto, metto tutta me stessa cercando di svolgere ruoli ed attività con la massima attenzione. E’ certamente una grande responsabilità, per la quale sarà per me fondamentale il supporto della presidente, Graziella Lanza, che dopo ottobre rimarrà ugualmente all’interno del direttivo, per dare un senso di continuità al lavoro che fin adesso è stato fatto. In linea con le attuali strategie, mi impegnerò per “accendere i riflettori” su diversi temi, in particolare quello delicato e sempre più attuale della violenza sulle donne, sensibilizzando le nuove generazioni, attraverso il confronto e l’informazione all’interno delle scuole. Molte nostre socie, infatti, sono insegnanti. Passando invece alla cultura e all’arte, come si esplica questo suo impegno rivolto alla figura della donna? Da un parte con l’arte dello scrivere, dall’altra con il disegno. Per quanto riguardo il primo ambito, sono una blogger e collaboro sia con Apertura Strappo, un collettivo di scrittori attivi nel territorio bagherese e non solo, sia con facciunsalto.it, un blog di scrittori italiani e stranieri, dove attraverso racconti, poesie e tanto altro, viene dato spazio alle emozioni. musei e i cieli spaziosi di Madrid, è stata per me significativa per la nascita di Biancaeva, una sorta di alter ego: una donna singolare ed non ha un corpo perfetto e “non ha peli sulla lingua”, nel senso che dice chiaramente tutto ciò che pensa. Quindi se qualcuno di voi, in giro e farla conoscere, ecco “Una marina di libri” e durante l’iniziativa “La via dei Librai” in corso Vittorio Emanuele, e devo dire che ha ottenuto un discreto Ho poi ideato con questo personaggio anche dei foulard personalizzati Per avere una risposta celere, questo dovresti chiederlo a mio marito! nell’affrontare la vita, il sorriso è fra le nuvole, ma con i piedi a l’arte e la scrittura, non può che essere una donna molto impegnata, ma quale è la sua professione? Da ventisette anni lavoro con una donna che sta per entrare nel mondo del lavoro? Di avere sempre fiducia nel proprio talento e nelle proprie potenzialità. A tutte le donne dico di non lasciarsi mai scoraggiare dagli atteggiamenti o dai giudizi negativi. Bisogna poi attivare un meccanismo di collaborazione e solidarietà: solo unite possiamo essere una grande forza e in qualsiasi esperienza o percorso, non deve mai mancare una buona dose di coraggio.

  • A “Tu x Tu” con Piera Provenzano

    Impegno, energia e tenacia, una triade, che muove i tanti e sfaccettati progetti portati avanti e realizzati da Piera Provenzano, attivista rotariana e superiora dal 2012 della Congregazione del SS. Sacramento. Fil rouge delle diverse iniziative, la scelta di dedicarsi ad aiutare la collettività, attenzionando soprattutto i più bisognosi e i giovani nelle scuole. Ad ogni domanda, arriva una risposta decisa: Piera, donna vulcanica e piena di vitalità, non pare avere dubbi sull’importanza dei valori e delle tradizioni della nostra terra, ha le idee chiare. La valorizzazione del territorio, infatti, appare attraverso i suoi studi ed interessi come esaltazione di ciò che la Sicilia stessa racchiude. Spazio, dunque, alla riscoperta del carretto, dei dolci caratteristici, ma in particolare alla rivalutazione degli elementi tipici della cultura e dell’identità siciliana. Sensibile e dolce verso il prossimo, forte e risoluta nel raggiungere i propri obbiettivi: a “Tu per Tu” con Piera Provenzano per approfondire i pensieri e la dedizione di una donna dinamica nel tessuto sociale e culturale Il popolo siciliano raccontato attraverso i dipinti raffigurati nei carretti, ma anche i carretti come mezzo di trasporto e di lavoro. Come nasce lo studio e la passione verso uno dei simboli più rappresentativi della storia e della tradizione siciliana? Mi sono sempre occupata dello studio delle nostre tradizioni e degli aspetti che identificano e connotano in modo distintivo le ideologie, i comportamenti e i modi di essere del popolo siciliano. Occuparsi del carretto significa studiare e conoscere la nostra cultura. Carretto e cultura siciliana costituiscono, infatti, come è noto, un binomio inscindibile. Le storie narrate nel carretto traggono origine dalla letteratura  romantico risorgimentale che in Sicilia tratta l’epopea  cavalleresca. Qui è evidente la volontà del nostro popolo di elevarsi attraverso il riconoscimento delle proprie radici  aristocratiche, in un mondo assunto a modello di nobiltà ed eroismo, in cui si aspira verso un ideale disinteressato e non verso la ricerca del concreto interesse quale, di fatto, si praticava nella prassi del vissuto. Il carretto, oltre ad essere variegato e multiforme mezzo di trasporto, essenziale elemento della vita economica, è stato al centro degli interessi e della vita sociale della Sicilia: non si può studiare la Sicilia, se non si conosce e non si studia il carretto. La Sicilia valorizzata attraverso eventi e mostre destinate alla collettività. Quali sono state fin adesso le manifestazioni più significative, che hai organizzato? Gli eventi che ho organizzato, sia con la Congregazione del SS. Sacramento, di cui sono la superiora dal 2012, sia con il Rotary, perseguono tutti finalità culturali ma soprattutto divulgative, non disgiunte da scopi di promozione del nostro territorio. Così il convegno “Dolci conventuali del 18° secolo”, che si è occupato delle ricette dei dolci originariamente prodotti dalle monache, per quanto potrebbe risultare curioso, ha fatto conoscere la tradizione dolciaria siciliana, nota ed apprezzata in tutto il mondo. Il convegno “Beni culturali e  turismo religioso”, invece, ha divulgato le opportunità di sviluppo economico collegate alla valorizzazione del ricco patrimonio dei beni monumentali ecclesiali e la loro utilizzazione ai fini turistici, per poi passare alla mostra “Il carretto: eccellenza culturale dell’identità siciliana”, unitamente allo spettacolo “Canti dei Carrettieri”. Mantenere e tramandare la nostra identità è ciò che cerco sempre di propormi. Ho avuto modo, inoltre, nella qualità di consulente dell’Assessore Regionale ai Beni e alle Attività culturali, di sviluppare alcuni progetti che hanno come tema quello dell’identità e la conservazione del nostro dialetto. Non solo arte e cultura, ma anche un grande impegno sociale, intrapreso e maturato attraverso la tua esperienza rotariana e la Congregazione del SS. Sacramento Con il Rotary mi sono fatta portavoce di alcune iniziative, finalizzate ad educare i nostri giovani verso la cultura dell’impresa, in un momento in cui le prospettive occupazionali legate al posto fisso sono ormai un ricordo del passato. Insieme ad altre donne del Rotary mi sono occupata anche di “Bullismo e Cyberbullismo”, attraverso diversi incontri nelle scuole che hanno trattato questo tema al fine di sensibilizzare, prevenire e contrastare, con l’aiuto delle famiglie coinvolte, gli episodi di tal genere nelle nostre scuole. Con la congregazione del SS. Sacramento ho organizzato eventi di beneficienza nei confronti di famiglie meno fortunate. Nel 2012 sei stata la prima donna a rivestire la carica di superiore della congregazione, cosa è cambiato per te da allora? Per me è stato un obiettivo che mi ha inorgoglito e mi ha gravato nel contempo di una grande responsabilità. Facevo parte della Congregazione da tempo, ma con il ruolo di Superiora, che reputo un pregio del quale sono grata, ho avuto la possibilità e l’onore, oltre di rappresentare gli stessi confrati che mi hanno dato fiducia, di svolgere azioni che mettono in relazione la Congregazione con il territorio. Da allora ho cercato di integrare il ruolo religioso, che da sempre ha svolto la Congregazione, con quello di utilità sociale a favore del prossimo. La congregazione deve aprirsi al territorio in cui opera, coniugare tradizione ed innovazione, affiancando alle manifestazioni dei riti religiosi iniziative di utilità sociale, come ho cercato sempre di fare dal 2012 ad oggi. Appari sicuramente come una donna vulcanica, piena di vitalità e che guarda al prossimo, ma cosa fa invece Piera Provenzano quando dedica alcuni momenti a se stessa? Hai qualche hobby? Il mio hobby è il nuoto: l’acqua, infatti, mi trasmette il senso dell’infinito. Il ruolo di docente, il volontariato e i progetti di legalità insieme alle scuole ti hanno portato a conoscere più da vicino non soltanto tanti studenti, ma anche diversi bambini provenienti dai quartieri più a “rischio”. Cosa pensi della giovani generazioni? Non credo che i giovani d’oggi siano diversi da quelli di ieri come sostanza umana, poiché i concetti fondamentali della  democrazia, della tolleranza, del diritto, dell’uguaglianza sono molto diffusi. Le giovani generazioni sono il seme che dobbiamo piantare e coltivare con la cultura, per un futuro migliore fatto di persone competenti. Una canzone che ti trasmette piacevoli emozioni Che le canzoni e la musica scatenino emozioni e sensazioni si sa, nel mio caso si tratta di musica strumentale: nello specifico, l’armonia di suoni, racchiusa nel Valzer per la colonna sonora del film di Stanley Kubrick, “Eyes Wide Shut”. Crisi e povertà colpiscono sempre più al giorno d’oggi la società. Cosa può fare ognuno, anche in piccola parte, per aiutare La crisi economica-finanziaria ha determinato l’estensione dei fenomeni d’impoverimento a vasti settori di popolazione italiana e non sempre coincidenti con i “vecchi poveri” del passato. Purtroppo il nostro sistema di Welfare evidenzia un’incapacità a fronteggiare le nuove aree di disagio, è necessario e fondamentale, dunque, investire molto di più nelle persone, la parola esatta è “ri-generare”. Se dovessi descrivere la realtà bagherese, sulla base delle manifestazioni presenti e del turismo, come la definiresti? un’occasione mancata. Come buona parte dei bagheresi devo constatare come la classe dirigente che guida questa città non è in grado di cogliere le occasioni e di mettere a sistema, ai fini di un conveniente utilizzo turistico e di promozione del territorio, le straordinarie risorse di cui gode il nostro comprensorio. Il Comune di Bagheria è proprietario, da solo, di Villa Cattolica, di Palazzo Cutò, di Palazzo Butera, della Certosa, ma non riesce a sviluppare una politica idonea a mettere a sistema tali beni architettonici ed attrarre flussi di visitatori che potrebbero contribuire, seppur in modo non risolutivo, a dare opportunità di lavoro. Sono convinta – consapevole di non essere sola in tale convincimento – che andrebbe attuata una politica di concertazione tra l’Amministrazione Comunale, proprietaria di ben quattro importanti beni architettonici di pregio e altri proprietari di Ville, per programmare eventi che attraggano flussi. Niente di tutto ciò. Quali sono, secondo te, nella vita i valori più importanti a cui una persona deve richiamarsi? I valori che guidano la nostra vita ci fanno prendere determinate strade piuttosto che altre, possono anche cambiare, ma sempre ci indicheranno chi siamo. Sono principi morali ed etici, positivi e importanti: perdono, onestà, libertà, amore, rispetto per la vita e per gli altri. e se d’improvviso ti trovassi ad essere governatrice della Sicilia, quali propositi metteresti in atto per dare un impulso al Amministrare è compito arduo ed enunciare le cose da fare è cosa ben diversa dal metterle in atto. Tuttavia, mi occuperei subito, in ordine di importanza ed impellenza, del problema della disoccupazione giovanile che affligge i giovani dai 18 ai 35 anni e che in Sicilia supera il 40%, prima regione in Italia in senso negativo. Va fatta una politica che dia prospettive di lavoro ai giovani e li mantenga nella nostra Regione. Va poi affrontato, come si fa nei paesi più avanzati di noi, il problema della gestione dei rifiuti, costruendo moderni termovalorizzatori ed adottando tutte le pratiche di riciclo, riuso e di appropriata gestione dei rifiuti. Finché la Sicilia non riesce a dare soluzione a questo problema non potrà mai mettere mano ad una gestione efficiente delle proprie risorse naturali, ambientali ed architettoniche. Non si può fare turismo di qualità se non si dispone di un ambiente accogliente: risolviamo il problema dei rifiuti e renderemo più accogliente la nostra terra. Come terzo obiettivo mi occuperei delle nostre risorse agricole. Per il clima e le condizioni ambientali, in Sicilia disponiamo di un vantaggio competitivo nella produzione di agrumi ed ortaggi. Tali risorse vanno salvaguardate e valorizzate.

  • A tu x tu con Antonino Russo

    è essenzialmente un poeta. E quel richiamo lontano s’esprime così vicino e intenso, capace di arrampicarsi negli anfratti più celati dell’animo. Proprio quegli anfratti divengono parole da scorgere e con amore donare ad un foglio che aspetta in fondo, d’essere riempito. Nella vita odierna risulta ardua impresa trovare dinanzi a sé, un interlocutore poeta. Il poeta scorge, osserva, interiorizza ed archivia; volti, sensazioni, immagini mnemoniche nel regno dei flashback privi di parole ma stracolmi di contenuti. La poesia, solo la poesia forse potrebbe salvarci da un mondo fatto di frivolezze e superficialità, bigottismo o puro cinismo. A. Russo è nato a Bagheria nel 1936 ma presto, lascerà la sua terra per lavorare a Napoli, stabilendosi a Casoria. “A Napoli ho vinto anche la moglie” – esordisce ironico il prof. Russo. Insegnante di scuola primaria, si laurea nel 1990 in Sociologia. Egli ha vissuto il pieno delle avanguardie letterarie ed artistiche, non a caso negli anni sessanta si tende a costituire gruppi di lavoro e di ricerca, rinunciando all’individualità. Antonino Russo infatti fece parte dell’Operativo 64 e del Gruppo 70, basandosi sulla ricerca volta alla poesia visiva. I suoi collage allora, sintetizzarono i contenuti con la sola potenza evocativa ed emozionale di un’immagine: una poesia visiva che mira dritta al contenuto, presentando al fruitore una nuova ottica di elaborazione; da un approccio descrittivo e quasi narrativo del dato, i collage pian piano si smaterializzano del loro essere descrittivo, per snellire la forma e puntare su un contenuto per poi, pian piano ridursi ad una sola parola capace di descrivere un’infinità di pensieri ed idee. Ecco che la parola si traduce in immagine, brutale ed esplicita. Sino a quando, con le “Letterpoesie”, la stessa parola alleggerisce il suo peso traducendosi in una sola lettera. Una lettera capace di gonfiarsi ed ampliarsi, divorando lo spazio circostante…divenendo “forma”. La poesia visiva allora, diviene vera e propria arte figurativa. Antonino Russo mostra i suoi libri, i suoi testi, le sue poesie visive che, man mano negli anni si evolvono insieme ad egli, creando un bagaglio di ricordi e gratificazioni leggibili con il solo tono d’una voce felice. Ciò che è importante nelle interviste a Tu x Tu, è scoprire la persona al di là del personaggio. Carpire le sue gioie e scovare i suoi fastidi, giocando nel magico mondo della conoscenza, all’interno della quale, basta un’intonazione di voce differente, un luccichio di un’iride commossa per accendere i lumi del piacere della scrittura. Intervistare Il prof. Russo è decisamente coinvolgente; egli adopera la poesia come prezioso ingrediente dalle grammature segrete, mischiato appena con una sottilissima ironia talmente fine da sciogliersi nell’udito d’uno orecchio poco attento. Antonino Russo è il poeta che ama non convertirsi ai caratteri digitali di un triste monitor da scrivania: egli batte ancora a macchina come ai vecchi tempi. Prof. Russo, come resistiamo alla crudeltà dell’uomo? “Con l’ironia. Con garbo ed una battuta ironica, così si sopravvive.” Durante questi anni trascorsi lontano da casa, ha mai avvertito il desiderio di tornare? “I primi tempi si; dopo invece, iniziai ad avvertire una particolare sensazione. Quando tornavo a Napoli, sentivo il bisogno di tornare a casa a Bagheria. Nel momento in cui permanevo a Bagheria, avvertivo la sensazione di tornare a casa…a Napoli.” Con quale immagine descrive la tristezza? “Sicuramente la Santa Flavia degli anni 50…così triste.” “Questa è difficile: penso proprio che la descriverei con il volto del Direttore Manna…lui va avanti caparbio e positivo nonostante tante situazioni difficili. Da ammirare.” Cosa le fa più paura oggi? …”la vita. La vita mi fa più paura.” Secondo la sua esperienza professionale, è possibile educare un bambino già in tenera età, ad una cultura per la poesia? “Tutto si può trasmettere ma, se manca dentro sé quella sensibilità pronta ad accogliere una visione poetica di ciò che ci circonda, resta ben poco da fare.” Domanda d’obbligo: il suo piatto preferito? “Pasta con le sarde. A Napoli invece, Pizza Margherita!” Antonino Russo è la dimostrazione che cultura non è sinonimo di arroganza, né il contrario di simpatia e affabilità. La cultura di Russo si legge nel retrogusto della sua ironia, mai inopportuna e sapientemente equilibrata; si scorge nell’affettuosità di un sorriso e nel grande amore che lo lega alla poesia ed al mondo delle “cose sensibili”.

  • A Tu x Tu con Enzo Di Liberto…”ra punta a vugghia”

    Sono le 16.30 di un comune pomeriggio ed un personaggio alquanto noto ci attende per la nostra  particolare intervista. Particolare perchè amiamo andare a fondo sugli animi della gente, sui bagheresi, quei bagheresi, che hanno portato e portano ancora, la dedizione per le loro passioni. , classe 1947, bagherese D.O.C. Entriamo nella sua palestra, ad attenderci il suo caloroso saluto e la dolcissima figlia Giuliana al desk. Enzo Di Liberto, Maestro ed Arbitro Benemerito per 25 anni di attività in campo nazionale del Judo, vanta di prestigiosi riconoscimenti, premi e medaglie valorosamente raccolte nel corso degli anni; all’interno della sua palestra, egli accudisce con amore, energia e dedizione, i suoi cari atleti che sin da bambini, si approcciano al meraviglioso mondo del Judo. Il Judo – spiega Enzo Di Liberto – è una vera e propria filosofia del vivere: denominato come “arte della cedevolezza”, è un’arte che gioca sull’autodifesa con estrema ponderazione e consapevolezza del proprio corpo in rapporto allo spazio circostante. Equilibrio, forza, destrezza e velocità fanno del Judo uno sport singolo che col tempo affina la tecnica, sensibilizzando i tempi, ipotizzando ed anticipando le mosse dell’avversario. A quanti anni ha capito cosa voleva fare da grande? “Da piccolo – quando all’età di 14 anni un amico mi portò a Palermo,  ho conosciuto questo sport che si chiamava “lotta giapponese” e da lì…me ne innamorai subito. Con il pallone ci davamo del lei e non del tu, mancava quell’affinità e quel trasporto chenacque all’immediato con il Judo. Uno sport di contatto nel pienorispetto delle regole, da quel giornosino ad oggi che ho 69 anni, non ho mai smesso di fare Judo.” Il più grande dolore che la vita sportiva le ha inflitto? “Un mio bambino (e da questa espressione si evince con quale amore e dedizione il maestro allena i suoi piccoli atleti), è morto. Un mese e mezzo fa, Pietro un bimbo cieco ci ha lasciati. Prima un handicap, poi la perdita di entrambi gli occhi, hanno portato Pietro, ad affrontare la realtà che lo circonda con una particolare sensibilità; da tre anni lo portavo al Judo – per un attimo pensai paradossalmente che lui vedesse, talmente era abile nel seguire la mia voce tra decine di ragazzini in palestra. Io lo seguivo, insegnavo il Judo e lui, incredibilmente eseguiva correttamente ogni insegnamento. Lo portai anche alla scuola di musica di mia figlia Giuliana e anche lì, ci sbalordì: sembrava un batterista nato. Oggi, farò un trofeo, tutto per Pietro.” “Una mia gioia immensa: ogni volta che preparo dei ragazzi, a prescindere se vincono o meno, quando raggiungiamo il traguardo di esibirci ai campionati italiani: me li abbraccio e bacio una volta se sono  vincitori, me li abbraccio e li bacio due volte se sono sconfitti: questo è il mio motto. L’importante è capire perchè perdere per poi avere la grinta di lavorarci sù, ed accettare con maturità le sconfitte. Il maestro deve educare, donando carica e stima in se stesso ma mai terrorizzare con l’arrivo della sconfitta.” Se Il Judo è una disciplina che mira alla difesa personale, oltre che essere una filosofia di vita, può diventare una difesa per la mente oltre che per il corpo? “Si, assolutamente si! – “Il Judo è una vera e propria filosofia di vita, che non fortifica solo il corpo ma anche la mente – rende sicuri delle proprie azioni e tende ad una maggiore riflessione nel compiere le azioni nella vita quotidiana”. Quando chiediamo ad E.Di Liberto di raccontarci un suo incubo frequente, egli ci trasporta nei meandri delle sue emozioni: ci narra di suo padre, grande uomo dall’animo caritatevole. Ci racconta i grandi valori trasmessogli dalla sua famiglia ed il lento proseguire della malattia del padre: un giorno il padre scorse nello sguardo del figlio, lacrime di pianto sull’orlo del mostrarsi, e sicuro gli espresse: “Un chianciri figghiu miu; picchì u mortu è mortu, quannu u vivu unnu pensa chìù”. Sono positivo in tutto e per tutto, anche nei momenti più tristi della mia vita.  Mi rialzo subito, immediatamente”. Si è mai ritrovato a mettere in atto gli insegnamenti della sua disciplina, nella vita reale? “Mai in atto, ma è come se lo fosse stato – perchè il troppo coraggio rasenta alle volte l’incoscienza. Avendo tanta sicurezza in me, in determinate circostanze, prevengo che la situazione possa degenerare, mostro la mia sicurezza e prevengo”. Quì entra in atto la comunicazione non verbale, che risulta essere spesso di maggiore efficacia nella spiegazione di un dato: la sua mano si muove mostrando il palmo ed il dorso della stessa ovvero, il voltafaccia. I codardi, coloro che vanno dove soffia il vento, i cosiddetti “pupi” – “Se la gente nega un qualcosa che miha promesso, mi incazzo maledettamentee li mando a quel paese”. A proposito di mandare a quel paese: Come manderebbe a quel paese con eleganza, una persona? “Senti, parlando con te, non sei pane per i miei denti.” “Senza eleganza, u mannu a fariinculu direttamente!” Se e quante volte ha messo in dubbio l’esistenza di Dio? “Mi sono avvicinato alla chiesa, perchè “Mi hanno preso per la gola”, ovvero: un 45 anni fa, dinnanzi all’uscio della chiesa, attendendo l’arrivo della mia fidanzata, mi presentai a Padre Muratore: “Piacere – dissi – Enzo Di Liberto di Bagheria”; lui appena sentii il mio timbro di voce esclamò: “Che bella voce da musicista” e mi prese per la gola facendomi cantare nel coro (la professione di cantante di quando ero giovane); mi avvicinai quindi allachiesa, e da quel giorno sino ad oggi,feci un cammino di fede particolare che mai messe in dubbio l’esistenza del Signore, anche nei momenti incui il dolore è forte.” E’ vero che vuole candidarsi sindaco? “In questo momento no, per motivi tecnici ma in un futuro potrebbe accadere.” Cosa ne pensa del luogo in cui vive, Bagheria? “Bagheria ha avuto le più belle  menti, le più belle intelligenze: Bagnera, Cirrincione, Tornatore, Guttuso, Buttitta, Ducato, ma contiene una deficienza di intelligenza umana che rasenta il ridicolo. Ma vedendo come non sappiamo sfruttare le nostre risorse e le nostre menti dico: ma siamo deficienti?” Ha mai avvertito il desiderio di lasciare Bagheria? Mai – è un amore talmente sviscerato che mai potrei pensare di lasciare Bagheria. Quando mi capita di viaggiare e lascio quest’isola, avverto un senso di smarrimento che poi al ritorno appena vedo la mia Sicilia, credetemi…mi sento un leone e dico: “Picciotti…a me Sicilia c’è!” Michele Manna: Ma perchè ti presenti da anni come “Enzo Di Liberto ra punta vugghia”? Vorrei che spiegassi il senso dell’utilizzare Enzo Di Liberto “ra punta vugghia”. “Quando noi eravamo piccoli e facevamo le partite di pallone, ogni squadra rappresentava un quartiere; e ad ogni partita, “c’ammazzavamu” come i cani”, a prescindere di chi fosse la vittoria. Lannari, Sant’Antonino, Punta Vugghia ecc…questo senso di appartenenza al quartiere mi rimase nel cuore, sino ad averlo dentro di me facendolo diventare l’orgoglio del mio nome.” L’intervista ad Enzo Di Liberto è ricca e prolissa; colma di preziosi aneddoti, saggi pensieri e delicati ricordi che come cristalli, brillano negli occhi commossi di un grande uomo. Un grazie personale dalla sottoscritta si rivolge ad Enzo Di Liberto Una rete metallica ed un rampicante a tratti, separava due villini l’uno dall’altro. La mia vita, la mia infanzia, in quella splendida terra di Bellacera, tra profumi di zagara e odori di salsa. Le nostre risa, le chiacchierate, le gioie e poi i dolori… tutto amorevolmente condiviso con i vicini di casa più gioiosi della zona. E quella rete è ancora lì, testimone silente di vite straordinarie.

  • A”Tu x Tu” con Pietro Pagano

    Tra i personaggi singolari della nostra Bagheria, emerge per operosità e impegno sociale Pietro Pagano. Egli nasce il 20 settembre del 1959, a Bagheria; sposato con Anna Raneri e padre di due figlie (Giuliana e Carla), dirigente di una società cooperativa, noto per la sua esperienza nel campo della cooperazione agricola e sociale. Iniziamo la nostra intervista presso gli uffici della sua associazione, all’interno dei quali, ci attende una stanza soleggiata dalle sedie bluastre poste in fila; alle pareti, le foto antiche, i manifesti  con dediche ed i colori della Sicilia che ornano un ambiente comune. Politicamente parlando, di Pietro Pagano si potrebbe narrare molto; del suo impegno sociale attivo nel territorio, della sua carriera  nell’ambito della politica ma, questa volta, affondiamo le nostre curiosità sulla persona anzichè sul ruolo che egli ha ricoperto. Distolti dall’effetto ottico vibrante della sua camicia rigata, ci facciamo raccontare la nascita delle sue passioni ed impegni lavorativi, obiettivi e gioie raggiunte. Ci racconta nello specifico, da dove nasce il suo grande impegno nel settore dell’agricoltura. Ai tempi Pagano lavorava in una cooperativa che si occupava dell’esportazione di agrumi e da qui, nacque via via un lavoro intenso e duraturo nel tempo che lo portò a conoscere tutte le fasi di raccolta, commercializzazione ed esportazione degli agrumi. Ecco che nacque, ci spiega Pagano, la curiosità e la passione per le veline: quelle carte così leggiadre che avvolgevano preziosamente gli agrumi, uno per uno che con cura ne custodivano sapori e profumi, facendone gemma preziosa della nostra terra. La carta velina stampata quindi, la cosiddetta “mustri”, illustrava i loghi delle aziende. Dalle splendide raffigurazioni delle ville settecentesche, ad animali dalle strane fattezze e strabilianti colori; dalle donne famose d’un tempo alle scene tipiche della tradizione siciliana. La passione per tale raccolta portò Pagano al collezionismo delle carte prestigiose, divenendo grande interesse da custodire e divulgare. La passione per l’iconografia commerciale dei limoni a Bagheria, diviene prezioso interscambio tra collezionisti in tutta Europa, portandolo ad acquisire informazioni non solo inerenti alle industrie del tempo ma anche agli illustratori artefici delle immagini. Fu consigliere comunale dal 1987 al 1992, nelle file del Partito comunista. Nel 2003, per sette anni, è assessore, prima ai servizi sociali e poi all’urbanistica, svolgendo pure le funzioni di vice sindaco; per due anni, dal 2011 al 2013 è consigliere comunale. Decide poi di allontanarsi dalla vita politica riprendendo le attività lavorative volte al coordinamento di associazioni e  cooperative di agricoltura. Oggi, è coordinatore dell’associazione “Natura e Cultura”: associazione che incentra i propri obiettivi sulla conoscenza e divulgazione di itinerari rurali.  Egli, in base alla conoscenza del territorio bagherese e limitrofo, crea “nella terra di Guttuso”, un’iniziativa che prevede quattro itinerari rurali ovvero “La conca d’oro”, “La valle dell’eleuterio”, “Le vie dell’olio” e “monte Catalfano”. Aggiunge per ultimo un quinto itinerario ovvero L’arco azzurro. Su quest’ultimo, è doveroso riconoscere l’impegno e la costanza con la quale Pietro Pagano, affronta il problema degli scempi urbanistici che strappano alla natura, angoli di un territorio violato nella sua essenza nonchè di incommensurabile bellezza: dopo anni di lotte burocratiche infatti, intorno al 2008, Pietro Pagano in qualità di Assessore all’urbanistica, riuscì ad ottenere i permessi per la demolizione di una struttura, ai tempi proprietà del boss di Ciaculli, Nicola Prestifilippo, la quale deturpava la bellezza dell’arco azzurro. Occorre quindi riconoscere il duro lavoro svolto nel corso degli anni e che oggi, grazie all’arduo impegno di Pagano, possiamo gioire della bellezza di un paradiso fieramente ritrovato. Dell’ecomostro rimane una terrazza gestita dall’associazione che renderà il luogo dapprima agibile e poi visitabile, uno spazio comune che sorreggerà i visitatori in una vista gioiosa d’un panorama mozzafiato. Pietro Pagano afferma quanto sia  importante che tutti possano gioire e fruire del mare, della nostra costa. In effetti le meraviglie della costa, i cobalti del mare vengono strappati alla nostra vista, risplendendo solo per ville che troneggiano al di là di trincee chiamate cancelli, privatizzando un panorama chiuso ermeticamente dagli scempi edilizi. Oggi se l’Arco Azzurro è tornato a risplendere, libero da un mostro di calce e mattoni, lo dobbiamo a Pietro Pagano e di questo, Bagheria ed i bagheresi ne vanno orgogliosamente fieri. La Cooperativa sociale “Lavoro e Solidarietà” di Pietro Pagano, propone un’interessante iniziativa rivolta alle scuole bagheresi. Grazie all’acquisizione di un terreno in affido presso il Parco di Villa Valguarnera, la cooperativa promuove il progetto “Piccoli agricoltori”. Un lavoro collettivo che prevede la coltivazione di un orto didattico, gestito dalle classi. La cooperativa “lavoro e solidarietà”, è già attiva da parecchi anni nel territorio bagherese; essa promuove attivamente la corretta alimentazione, la tutela e salvaguardia dell’ambiente in relazione alla salute dell’individuo. L’obiettivo dell’orto didattico quindi, mira ad una maggiore consapevolezza di una sana nutrizione, sviluppando conoscenze specifiche nel mondo dell’agricoltura e della botanica; i piccoli agricoltori, grazie al lavoro manuale in veste di gioco, acquisiscono le conoscenze che stanno alla radice della nutrizione: dalla preparazione del terreno alla semina, dalla concimazione all’irrigazione sino alla raccolta dei frutti che la natura offre grazie al lavoro manuale. L’approccio con l’ambiente porterà gli studenti ad una maggiore coscienza del lavoro manuale con finalità nutritive nonchè di tutela e salvaguardia dell’ambiente. Basti pensare al progresso che la tecnologia (senz’altro utilissima risorsa dell’era moderna), stia da un lato avviando le nuovissime generazioni ad un vero e proprio regresso nei confronti dell’ambiente “reale” che li circonda. Torturando spasmodicamente display di smartphone e tablet, un bambino cittadino non conosce oggi, l’odore della terra, la rugosità di una Esso, è un chiaro segno di regressione che grazie ad interessanti progetti come “Piccoli agricoltori”, proposto da Pietro Pagano e Nicola Buttitta, avvicina i bambini alla realtà botanica, naturalistica e ambientale. Capire il ciclo vitale della natura, migliorare la cultura alimentare, nonchè gioire sul prendersi cura dell’ambiente in un clima di condivisione gioioso del tempo. Pietro Pagano, cosa la fa arrabbiare di più? “…mi fa arrabbiare la testardaggine, l’ingiustizia e la burocrazia”. Ci parli di una sua grande passione. “La fotografia rappresenta sicuramente una delle mie più grandi passioni; dalla fotografia di denuncia, alla passione per la camera oscura, alla grande ricerca dei bozzettisti, autori delle veline.” La chioma dalle sfumature cineree, svolazza morbida da una parte all’altra: quale shampoo utilizza? “Mah non lo so…Quello che trovo a casa!” “Sono molto legato al territorio, ho sempre vissuto a Bagheria e mai ho pensato di spostarmi. Avere la consapevolezza che la nostra Bagheria è famosa nel mondo, mi dona molta gioia.  La tristezza è constatare che la Bagheria di oggi non riesce a risorgere, ad esempio il problema dell’immondizia che l’affligge: la totale assenza di sviluppo volto al turismo. Sono stato amministratore di questo paese per un periodo di  tempo ma, avverto solente, la sensazione di compiere passi avanti ed altrettanti indietro. Servizi per turisti totalmente assenti.  Malgrado tutto, sono molto legato alla mia Bagheria. “Pasta al forno! Cucinata da mia mamma.” “Pasta con il nero di seppia… lei viene dal mare.” I personaggi che agiscono per la tutela dell’ambiente sono alquanto rari ma noti per l’impegno che costantemente dedicano alle cause sane e giuste. La modestia con la quale Pagano si racconta e ci racconta, è la prova che l’agire, non ha bisogno di ornamenti verbali per descrivere la nobiltà delle giuste battaglie: i fatti dimostrano con fierezza che per perseguire un obiettivo non bisogna demordere. Fieri noi di avere concittadini caparbi come Pietro Pagano, i quali lottano a gran voce e nel tempo, al fine di apportare onestà e giustizia in un mondo fatto di troppi silenzi.

  • A tu x tu con Michelangelo Balistreri

    Insieme al collega Giuseppe Fumia, lo scorgiamo da lontano. Nonostante sia a pochi metri da noi, ne avvertiamo denso il desiderio di raccontarsi: è’ il Museo dell’acciuga, di Michelangelo e Girolamo Balistreri. Loro, sono l’esempio tangibile che non basta cambiar continente per scovare menti brillanti e squarci di storia narrarsi con intensa emozione; lei, l’arte, vive e si cela stavolta, tra gli anfratti asprensi dentro quegli uomini così ricchi d’animo che non basterebbe un intero giornale per descriverli. Il Museo dell’acciuga è conosciuto in tutto il mondo. Visitato da personaggi illustri, enti televisive, programmi culturali di fama internazionale. Il Museo nasce dal desiderio di Michelangelo e Girolamo di conservare l’antica arte del “tarikos” (in greco pesce salato), ovvero l’arte della salatura del pesce. Il Museo racconta di tutte le ditte siciliane (compresa la loro), che hanno lavorato le acciughe. L’acciuga: quel pesce argenteo così esile e veloce, piccolo nella sua forma ma battagliero nell’animo. In lui vive la volontà dell’unione, della cooperazione, di quella forza interiore che spinge esso stesso ad unirsi in massa con i suoi simili, al fine di creare un vortice sferico sicuro e caparbio, capace di confondere il più Il Museo dell’acciuga non è un comune museo: è uno spettacolo che muove i visitatori in un percorso guidato da un cicerone d’eccellenza; il visitatore lascia orme del suo passaggio, imprime la sua presenza nei set scenografici allestiti ad arte. Tra ancore, “barchere”, litografie e strumenti d’ogni tipo, ci si ritrova in una terza stanza col soffitto colmo di pesci imbalsamati ed ambienti marini ricreati ad hoc. Lungo le pareti d’un corridoio, che pare introdurre nei meandri  del mare, un riflesso vitreo cattura l’attenzione: sono le lampare d’un tempo ormai lontano, all’interno delle quali sembrano accennarsi timidi riflessi di storie marine. Il Museo dell’acciuga è un viaggio che prende per mano il visitatore, trasportandolo nei meandri del mare e delle sue antiche tradizioni. Ricrea scenari con antichi strumenti, piccoli set entro i quali Michelangelo, narra e canta di antichi aneddoti misti alla lavorazione dell’acciuga, facendo sì che il visitatore vesta i panni del lavoratore, immortalandolo in fotografie dal sapore ludico ed Stracolma la raccolta di strumenti delle più antiche maestranze, raccolte con cura e passione dai due fratelli. Un rigido manichino osserva immobile: una coppola in cotone, una camicia bianca ed un pantalone scuro. Potrebbe a primo acchito sembrar un personaggio per completare l’allestimento scenografico ma lui, non è un semplice manic hino. La sua funzione, il suo ruolo va ben oltre l’oggettistica di scena. Lui infatti, indossa gli abiti dello “Zio Domenico”, lo zio pescatore un tempo deceduto di Michelangelo e Girolamo. Michelangelo allora, crea una perfomance che vede prendere in prestito gli abiti dello zio, custoditi preziosamente dal suo “avatar” e recitare antichi canti e poesie nate dal suo cuore semplice; far vivere o per meglio dire, rivivere lo zio, facendo si che egli senta le voci della piazza, osservando il luccichio di quegl’occhi commossi della gente, fortemente assorti dalla voce del nipote. Un interscambio di ruoli, portatore di memoria ed amore per chi non c’è più ma rivive nelle note di un profondo canto. Michelangelo ci racconta della Sard’Art ovvero l’arte che investe le antiche sardare logorate dal mare, ideata da Michelangelo in collaborazione con l’Associazione Comunità Aspra Marinara. Ecco che la memoria di un’antica barca, viene messa in risalto dall’intervento pittorico, volgendo ad una duplice funzione: se da un lato trasforma la barca in opera d’arte, dall’altro ne conserva la sua memoria, i suoi ricordi, la sua storia. Antiche prue che narrano di leggende, altre di fondali marini dai forti cobalto ed altreancora, come la “Prua della legalità”, che vede raffigurati Falcone e Borsellino e tutti i nomi della scorta. Michelangelo, presta la sua voce e scrive straordinarie poesie al fine di descrivere la memoria dei nostri eroi. Lui, ricordiamo, ha detto no al pizzo. Questi poveri mascalzoni privi di coscienza e colmi di cinismo misto a profonda ignoranza, vengono paragonati ai tanto temuti squali in cerca di piccole prede come le acciughe. Noi – esprime Michelangelo – siamo le acciughe ovvero, le persone per bene, la brava gente…e siamo tanti. Loro invece, nonostante l’apparente potenza sono pochi, sporadici nascosti tra la gente onesta. Ma ecco che le acciughe, trovano uno straordinario stratagemma per sfuggire agli squali ovvero, si uniscono compatte; così tanto compatte da creare un fitto globo sferico, grande anzi gigante, capace di spiazzare gli squali così tanto feroci quanto confusi. Preziose metafore, per trasmettere agli ospiti più piccoli i valori dell’unione. Distinguere i buoni dai cattivi e non temere mai della loro bieca apparenza di potenza. E seduto su quello sgabello con la chitarra tra le mani, circondato da prue d’artista e i colori del mare, le sue mani si muovono sicure su quelle corde complici di racconti magici ed antiche leggende rielaborate. E noi, amiamo farci cullare da quella voce che narra di preziose strofe, da quei suoni provenienti da un tempo lontano, e da tutta quella carica emotiva che rende suggestivo ogni ambiente e frangente. Un dolce cullare per i sensi, assopiti dalla tanta superficialità che svuota il mondo: un cullare su di una barca carezzata dal mare dalla quale emerge una voce cantare che disseta il nostro animo di storie belle, semplici e di forti emozioni. Alle pareti, finestre sul mondo. Persiane chiuse in attesa d’essere aperte custodiscono dentro, paesaggi che al loro mostrarsi, d’incanto si accendono. Michelangelo è quindi un poeta, un cantautore, un uomo che, assieme a suo fratello, ha deciso di creare un museo sull’identità del piccolo pesce. Ma il Museo dell’acciuga non può non rimanere nell’anima dei suoi visitatori. Decide allora, di sorprendere a dir poco brillantemente, i suoi ospiti. Michelangelo dice: “…è impossibile che Il Museo non imprima su ognuno di voi la sua identità. Impossibile che sia un luogo che non “lasci il segno – Almeno l’azzurro, dovete portarvelo!” Ancora con la chitarra tra le mani ed il sorriso pureo sulla pelle bruna, divertito solleva un piede, mostrandoci la suola della sua scarpa. E quel gesto si ripete su di noi, rimanendo estasiati da tale gioviale rivelazione: abbiamo anche noi, le suole macchiate d’azzurro! I locali infatti vengono mostrati per quello che sono: nessun posticcio abbellimento decorativo alle pareti, nessuna profumazione artificiale nell’aria: tutto è semplice e carico d’emozione, come il mare. Ad eccezione dell’ultimo ambiente, quello che appunto accoglie le prue della barche diventate preziose reliquie. Il pavimento è stato dipinto di azzurro, per permettere a tutti, di portare con sè un pezzo del museo: l’azzurro della sua essenza. Da far invidia alle più astruse perfomance d’arte, ai più grandi musei d’arte contemporanea che mostrano fredde congetture, opinabili e decisamente discutibili, sull’essenza dell’arte. Questa operazione fa un baffo agli ambienti che narrano, sottovoce, di arte contemporanea. Questa, è la voce d’un museo che parla, che coinvolge, entusiasma!E’ il museo dove il visitatore è protagonista, e dove l’oggetto “parla”, grazie alla poesia custodita nell’aria. Michelangelo ha un dono, il coinvolgimento emotivo che riesce ad instaurare con il suo interlocutore; e per tirarlo fuori, egli rende partecipe il visitatore, facendo sì che costruiscano insieme le strofe su di un’antica leggenda, sbiadendo via via il confine interposto da colui che canta e colui che ascolta. Le ore sono trascorse ma la nostra intervista a tu x tu prosegue con le curiosità sul personaggio. Michelangelo, lei si occupa di poesia e tradizione: quanto la  poesia secondo lei, può salvarci dalla superficialità delle cose? “Tanto, tantissimo. Nel nostro Museo, vengono espressi i valori dell’onestà, della legalità, della fratellanza, attraverso strofe che diventano metafora per i più piccini. La poesia trasmette ai bambini, la distinzione tra ciò che è bello e ciò che non lo è.” L’acciuga è la protagonista della sua vita. Quante acciughe mangia al mese? Se potesse essere un pesce, quale pesce sarebbe e perchè? “Sicuramente un’acciuga. Un antico proverbio dice: “anciova sente un maistrali, vintiquattru ure prima r’arrivare”, è quindi anche il simbolo della legalità, perchè se non c’è il mare calmo, se ne va.” Riesce a percepire il pericolo prima e lo trasmette agli altri in tempo per organizzarsi e difendersi. Se paradossalmente, dovesse salvare un solo oggetto custodito al museo, cosa salverebbe? “Non è un oggetto, ma salverei la memoria.” Quali emoziona le suscita il mare in tempesta? “La rabbia per le cose ingiuste. Perchè il mare si arrabbia per pulire il fondo, per togliere via tutto ciò che c’è di brutto da lui stesso. La burrasca serve per pulire il mare, c’è sempre qualcosa che porta il mare ad animarsi.” Lei ha detto no al pizzo. Ha mostrato a tutti noi (e a tutti loro), come non piegarsi alla delinquenza ed essere complici di un sistema malato. Come inciterebbe le voci deboli o codarde ad interrompere il muro del silenzio e dell’omertà? “Vorrei che tutti sapessero che non si è soli. Ringrazio tutte le forze dell’ordine che mi hanno aiutato e sostenuto e tutt’ora continuano a farlo. Alle volte si desiste alla denuncia proprio per il timore di restare soli ma questo non accade. Questo non accade! Un grazie sentito ancora alle forze dell’ordine che mai, mi hanno fatto sentire da solo.” “Alle volte si potrebbe avere più paura del rumore dei nemici, ma a me, fa più paura il silenzio degli amici.” Se potesse progettare un nuovo lungo mare di Aspra, cosa modificherebbe? “Il problema di Aspra, come d’altronde anche quello di Bagheria, è che la propria terra si ama quando la si difende; si devono costruire le cose per amore e non per politica. Chi costruisce, deve prima conoscere la gente del territorio ed interrogarsi sul loro approccio col luogo e non ignorare le esigenze di coloro che fanno parte del luogo.” Quale luogo visita quando è particolarmente felice? “Visitiamo e aiutiamo la missione Biagio Conte; dal 1995, con  tutta la comunità di Aspra aiutiamo la missione. Tutte le volte in cui mi reco lì, mi sento sereno. E poi…la serenità me la portano qui al museo, tutti i bambini che visitano questo luogo.”