Dobbiamo farle una multa, la sua casa è vuota | La legge è passata ed è ufficiale: se tieni la casa completamente vuota sei costretto a pagare
A Torino si discute un emendamento per multare chi ha più di cinque appartamenti sfitti. L’idea, seguita da Genova e Milano, mira a contrastare la speculazione immobiliare. Ma è lecito?
Multa (Deposit Photos) - Bagheriainfo
A Torino si discute un emendamento per multare chi ha più di cinque appartamenti sfitti. L’idea, seguita da Genova e Milano, mira a contrastare la speculazione immobiliare. Ma è lecito?
Nel capoluogo piemontese è in corso un dibattito acceso che potrebbe ridisegnare il concetto stesso di proprietà immobiliare in Italia. L’amministrazione comunale è al lavoro su un emendamento che intende introdurre sanzioni pecuniarie per i proprietari di un numero elevato, superiore a cinque, di immobili residenziali lasciati volontariamente sfitti. Questa iniziativa audace, che ha già catturato l’attenzione e trovato terreno fertile anche nelle giunte di Genova e Milano, nasce dalla ferma volontà di combattere la speculazione immobiliare e, contemporaneamente, di incentivare l’offerta di alloggi sul mercato degli affitti, cercando così di dare una risposta concreta alla sempre più pressante emergenza abitativa che affligge le grandi città italiane. La questione solleva però un interrogativo fondamentale e spinoso che va dritto al cuore dei diritti individuali: è davvero possibile, e soprattutto giusto, multare un cittadino che sceglie di non affittare un immobile di sua proprietà? La discussione è appena iniziata e promette scintille, con implicazioni che vanno ben oltre i confini comunali, potendo stabilire un precedente significativo.
Il nodo del diritto di proprietà
Il cuore del dibattito giuridico che si sta delineando attorno a questa controversa proposta di legge risiede nello scontro tra l’autonomia regolamentare dei Comuni e uno dei principi cardine del nostro ordinamento: il diritto di proprietà. L’articolo 832 del Codice Civile è estremamente chiaro, riconoscendo al proprietario il potere di godere e disporre del bene in modo pieno ed esclusivo. Questo significa che, in linea di principio, il proprietario ha la facoltà di utilizzare il proprio bene come meglio crede, inclusa la decisione, inequivocabile, di non utilizzarlo affatto o di non metterlo a reddito. Molti esperti di diritto, infatti, esprimono serie perplessità sulla legittimità costituzionale di una sanzione di questo tipo, paventando il rischio concreto di una lesione dei diritti costituzionalmente garantiti. La minaccia di una multa, sostengono, potrebbe configurarsi come una vera e propria limitazione del diritto di godimento, alterando pericolosamente l’equilibrio tra l’interesse pubblico (il bisogno di alloggi accessibili) e l’interesse privato (la libertà di disporre del proprio bene senza indebite ingerenze). Nonostante questi fondati dubbi e la possibilità di ricorsi legali, i Comuni coinvolti sembrano decisi a portare avanti la loro iniziativa, intendendo inserire le nuove sanzioni all’interno dei propri regolamenti edilizi, sfruttando la propria potestà normativa locale, in attesa di un possibile confronto con le autorità superiori.
Rischi e implicazioni future
Rischi e implicazioni future: le sfide che delineano il nostro domani.
L’introduzione di una misura come quella allo studio a Torino, e presto replicabile in altre importanti città italiane, solleva interrogativi importanti non solo sul piano giuridico e costituzionale, ma anche su quello sociale ed economico a lungo termine. Il rischio più evidente è che il cittadino si trovi a dover subire una forma di “costrizione” a comportarsi secondo logiche prettamente fiscali, più che civili, che poco hanno a che fare con il libero arbitrio individuale. Potrebbe trattarsi, in sostanza, dell’ennesimo balzello mascherato da politica pubblica virtuosa, con l’obiettivo implicito di generare entrate per le casse comunali o, quantomeno, di indurre comportamenti che riducano l’evasione fiscale legata agli immobili sfitti. Questa deriva, se confermata, potrebbe rappresentare un pericoloso precedente, aprendo la strada a future e sempre più ampie ingerenze nella sfera privata e nella gestione del patrimonio individuale. La decisione di un proprietario di tenere un immobile sfitto può derivare da molteplici e legittime ragioni, come la necessità di importanti lavori di ristrutturazione, l’attesa di un momento propizio per la vendita o semplicemente una scelta personale e di vita. Penalizzare economicamente queste decisioni potrebbe creare un clima di incertezza e sfiducia non solo tra i proprietari, ma nell’intero sistema immobiliare, scoraggiando gli investimenti e alimentando un senso di arbitrarietà nelle relazioni tra cittadino e istituzioni locali. La discussione, pertanto, non è solo una questione tecnica, ma tocca i fondamenti della convivenza civile e della protezione dei diritti individuali di fronte a politiche che potrebbero apparire, a tratti, eccessivamente interventiste.