Mazzata per le sigarette nel 2026 | Dal 1° gennaio l’aumento sarà drammatico: i nuovi prezzi decisi dallo Stato
Sigarette (Pexels) - Bagheriainfo
Per i fumatori italiani il 2026 si apre all’insegna dei rincari. La legge di bilancio 2026 ha infatti previsto un nuovo aumento delle accise sui prodotti da fumo, destinato a tradursi in un progressivo rialzo del prezzo di ogni pacchetto di sigarette. Secondo le simulazioni contenute nelle tabelle allegate alla manovra, già dal prossimo anno il costo medio salirà di circa 14-15 centesimi a pacchetto, per poi crescere ancora nel biennio successivo. Nel 2027 è atteso un ulteriore scatto di circa 10-12 centesimi, mentre nel 2028 si profila un nuovo aumento nell’ordine di 13-15 centesimi. Nell’arco di tre anni, dunque, la spesa per un pacchetto potrebbe essere in media di oltre 40 centesimi superiore rispetto a oggi.
La misura non riguarda solo le sigarette tradizionali, ma si inserisce in un intervento più ampio che tocca anche tabacco trinciato, prodotti liquidi da inalazione, aromi per sigarette elettroniche e tabacco da inalazione senza combustione. Per il tabacco trinciato il peso dell’aumento è ancora più marcato: il rialzo complessivo stimato si aggira intorno agli 80 centesimi al chilo. Complessivamente, il governo conta di incassare circa 1,46 miliardi di euro in più in tre anni grazie al ritocco delle imposte sul fumo, una cifra che somma le maggiori entrate da sigarette, tabacchi lavorati e prodotti alternativi alla combustione.
Al di là delle cifre complessive, ciò che interessa maggiormente chi acquista ogni giorno sigarette o tabacco è capire quanto cambierà il prezzo in tabaccheria. Le tabelle diffuse dall’esecutivo offrono alcune indicazioni: i pacchetti oggi venduti nella fascia più comune, tra 5,30 e 5,50 euro, sono destinati a collocarsi, a fine triennio, su livelli compresi orientativamente tra 5,70 e 5,90 euro. Una crescita che, moltiplicata per il numero di pacchetti acquistati in un mese, si tradurrà in un aggravio netto sul budget di chi fuma con regolarità.
Come cambiano accise e prezzi: gli scatti previsti tra 2026 e 2028
Dal punto di vista tecnico, l’intervento della manovra agisce su due leve: l’aumento della componente fissa delle accise e una lieve riduzione della percentuale di imposta calcolata sul prezzo di vendita. Nello specifico, la parte fissa salirà a 32 euro al chilo nel 2026, per poi passare a 35,50 euro al chilo nel 2027 e stabilizzarsi a 38,50 euro al chilo dal 2028 in avanti. Si tratta della quota che colpisce il prodotto indipendentemente dal valore nominale di ogni singolo pacchetto.
Parallelamente, la quota proporzionale, cioè la percentuale applicata sul prezzo di vendita al pubblico, viene leggermente ritoccata al ribasso: si scenderà al 49,23 per cento nel 2026, al 48,50 per cento nel 2027 e al 48 per cento dal 2028. Questo gioco di pesi spinge verso un incremento medio del prezzo ma con effetti differenziati tra le varie fasce di mercato. I pacchetti più economici, che partono da un prezzo di base più basso, risentiranno proporzionalmente di più dell’aumento della componente fissa, mentre per i prodotti di fascia alta l’impatto sarà lievemente diverso.
Le simulazioni riportate dal governo indicano che, dal punto di vista del consumatore, il risultato finale sarà comunque un aumento percepibile anno dopo anno. Nel 2026 il rincaro medio stimato si colloca intorno ai 14-15 centesimi, nel 2027 è prevista una crescita più contenuta, nell’ordine di 10-12 centesimi, mentre dal 2028 è atteso un nuovo scatto di circa 13-14 centesimi. Si tratta di medie, che possono variare in funzione del listino di partenza e delle scelte che ogni singolo produttore adotterà in fase di adeguamento dei prezzi al pubblico.
Va infatti ricordato che, pur in presenza di un quadro fiscale definito dalla legge di bilancio, il prezzo finale di ogni marchio resta una decisione delle aziende produttrici, che possono scegliere di assorbire una parte dell’aumento o di ribaltarlo interamente sul consumatore. Le tabelle della manovra non costituiscono quindi un listino ufficiale, ma una proiezione basata sui parametri fiscali aggiornati. Per questo motivo, i rincari indicati vanno interpretati come stima di massima e non come valori obbligati per tutte le sigarette presenti sul mercato.
Nonostante queste variabili, l’orientamento generale è chiaro: in assenza di cambi di rotta, il trend dei prezzi sarà crescente. Se oggi una larga fetta dei pacchetti si colloca nella fascia tra 5,30 e 5,50 euro, tra tre anni gli stessi prodotti dovrebbero attestarsi su livelli di prezzo fino a circa 40 centesimi in più. Per i fumatori abituali, questa differenza, sommata su base mensile, equivarrà a diverse decine di euro in più di spesa, una cifra che il governo punta a trasformare in maggiori entrate fiscali ma che potrebbe spingere qualcuno a riconsiderare le proprie abitudini di consumo.

Entrate per lo Stato, effetti sui fumatori e sul mercato del tabacco
L’obiettivo principale dell’intervento è dichiaratamente di finanza pubblica. Secondo le stime contenute nei documenti ufficiali, l’aumento delle accise sui vari prodotti da fumo – dalle sigarette tradizionali al tabacco trinciato, fino ai liquidi per sigarette elettroniche e ai prodotti da inalazione senza combustione – dovrebbe portare nelle casse dello Stato circa 1,46 miliardi di euro aggiuntivi in tre anni. Di questi, una quota significativa arriverà proprio dalle sigarette, che restano il prodotto più diffuso e più tassato del comparto.
Per i consumatori, i rincari si tradurranno in una maggiore incidenza del fumo sul bilancio familiare. Un fumatore che acquista un pacchetto al giorno, a fine triennio potrebbe trovarsi a spendere diversi euro in più a settimana rispetto alla situazione attuale. Per chi utilizza tabacco trinciato, gli aumenti complessivi stimati – pari a circa 80 centesimi al chilo – avranno un impatto visibile sul costo delle buste, pur essendo distribuiti su quantità maggiori rispetto al singolo pacchetto di sigarette confezionate.
Il governo affianca alla motivazione di cassa anche il tema della tutela della salute pubblica, richiamando il fatto che un aumento dei prezzi può contribuire, nel medio periodo, a scoraggiare l’inizio del consumo tra i più giovani e a spingere alcuni fumatori a ridurre il numero di sigarette o a intraprendere percorsi di cessazione. Resta tuttavia il rischio che una parte della domanda si sposti verso prodotti alternativi o verso il mercato illegale, un fenomeno che le autorità dovranno monitorare con attenzione per evitare che l’inasprimento fiscale favorisca il commercio non controllato.
Per il settore del tabacco, l’ennesimo rialzo delle accise rappresenta una variabile con cui fare i conti nella definizione delle strategie commerciali. Le aziende dovranno decidere se e come assorbire parte degli aumenti per preservare le quote di mercato o se trasferire integralmente il peso fiscale sui consumatori finali. Nei prossimi mesi saranno proprio i listini aggiornati e i nuovi prezzi esposti in tabaccheria a mostrare, concretamente, quanto la Manovra 2026 avrà inciso sulle sigarette e su tutti gli altri prodotti da fumo presenti sul mercato italiano.