Altro che pizza e pasta, il piatto preferito di Papa Leone XIV è solamente questo | Lo chiede ogni volta che vuole togliersi uno sfizio

Papa Leone XIV

Papa Leone XIV (Web) - bagheriainfo

Nel ritratto di un Papa nato a Chicago e cresciuto in Perù, il piatto del cuore non è italiano: ecco qual è.

Una sorpresa che arriva direttamente dalla tavola: Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, ha un piatto del cuore. E non è certo un piatto di pasta o una ricetta della tradizione romana, ma una specialità che arriva dall’altra parte dell’oceano: il ceviche. Nato a Chicago, primo Papa nordamericano della storia, Leone XIV porta con sé non solo un bagaglio fatto di viaggi e incarichi pastorali, ma anche di sapori. Tra questi, il più caro è proprio il ceviche, piatto simbolo della cucina peruviana a base di pesce crudo marinato nel succo di lime, che per lui diventa un ponte affettivo con gli anni trascorsi in America Latina.

Dopo aver vissuto per oltre vent’anni di vita in Perù, a contatto diretto con comunità lontane dai grandi centri, parrocchie di periferia, realtà indigene e quartieri popolari, oltre alla lingua e alle tradizioni religiose, Leone XIV ha scoperto anche un modo diverso di stare a tavola: condividere il cibo come gesto di amicizia, accogliere chi arriva con un piatto caldo, raccontare la propria storia tra un assaggio e l’altro. È proprio lì che il ceviche smette di essere solo un piatto tipico e diventa per lui un “assaggio di paradiso”, un ricordo vivido di volti, luoghi e incontri che hanno segnato il suo cammino di fede.

Ceviche, il piatto del cuore: ingredienti, profumi e radici peruviane

Nella sua versione più tradizionale, il ceviche preferito da Papa Leone XIV è preparato con pesce bianco freschissimo, tagliato a cubetti e immerso in una marinata intensa a base di succo di lime. A dare colore e carattere ci sono la cipolla rossa affettata sottile, il peperoncino che aggiunge una nota piccante, il coriandolo fresco tritato e la celebre leche de tigre, il liquido saporito che nasce dall’incontro tra succhi del pesce, agrumi e spezie. Un equilibrio di acidità, profumi e consistenze che racconta, in un solo boccone, la forza della cucina peruviana.

Il ceviche non è soltanto un piatto da gustare, ma un simbolo di legame. Ogni ingrediente richiama un frammento di memoria: il lime rimanda al sole alto sulle coste del Pacifico, il pesce alla fatica dei pescatori, il coriandolo e il peperoncino ai mercati rumorosi, pieni di voci e colori. È un cibo che non nasce nei palazzi, ma nelle case della gente comune, nei chioschi affacciati sul mare, nelle cucine dove le ricette si tramandano a voce, da una generazione all’altra.

Così, nelle cene di lavoro o nei pranzi condivisi con i collaboratori, il racconto del ceviche peruviano diventa spesso un modo per parlare di ospitalità, di migranti, di incrocio di culture. Il fatto che il piatto preferito del Pontefice non sia italiano ma peruviano diventa una metafora eloquente: il centro della Chiesa non è più solo geografico, ma diffuso, policentrico, capace di riconoscere il valore delle periferie del mondo anche attraverso la loro cucina.

Il contrasto tra le origini statunitensi del Papa, il suo lungo ministero latinoamericano e la guida della Chiesa universale si riflette proprio in questo sapore misto di mare e agrumi. Il ceviche finisce così per rappresentare la storia di un uomo che attraversa continenti, lingue e culture, e che porta sul tavolo di Santa Marta il ricordo di una mensa semplice, condivisa con famiglie peruviane che lo accolsero come uno di loro.

Un piatto peruviano in Vaticano: identità globale e memoria personale

L’idea che il piatto preferito del Papa non sia la pasta al pomodoro ma il ceviche peruviano dice molto sul modo in cui il neo papa viva il suo pontificato. Leone XIV non rinnega la tradizione italiana, ma la affianca a sapori e gesti che arrivano da lontano, offrendo un’immagine di Chiesa globale, in cui anche le abitudini culinarie diventano segno di una identità plurale. Nelle cucine vaticane, accanto alle ricette mediterranee, entra così anche il pesce marinato nel lime, a ricordare che la Chiesa parla molte lingue, anche a tavola.

Quando il Papa racconta del ceviche, al centro non ci sono tanto le tecniche di preparazione, quanto l’esperienza umana che quel piatto evoca: le visite alle comunità, le celebrazioni in parrocchie affacciate sulla cordigliera, le tavole imbandite dove il sacerdote è ospite e non padrone di casa. Il cibo diventa memoria viva di un cammino pastorale fatto di prossimità, ascolto e condivisione, molto prima dei grandi incarichi e dei palchi internazionali.

Così, la storia di Papa Leone XIV e del suo amore per il ceviche racconta qualcosa che va oltre la curiosità gastronomica: parla di una Chiesa che riconosce il valore delle periferie del mondo, di un ministero che nasce dall’incontro con un popolo concreto e di un uomo che, arrivato fino al soglio pontificio, non dimentica il sapore di quel piatto semplice che profuma di lime, mare e gratitudine.