Inchiesta sugli appalti a Palermo | Cuffaro ai domiciliari per corruzione e turbativa d’asta: cosa ha deciso il Gip

Totò Cuffaro

Totò Cuffaro (Pagina FB Ufficiale) - Bagheriainfo

Arresti domiciliari per l’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro e altri due indagati, nessuna misura cautelare per i deputati Saverio Romano e Carmelo Pace

L’inchiesta di Palermo su sanità e appalti compie un nuovo passo con l’ordinanza emessa dal Gip, che ha disposto gli arresti domiciliari per l’ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro. L’ex governatore è indagato, insieme ad altre 17 persone, per una serie di reati che comprendono, a vario titolo, associazione a delinquere, turbativa d’asta e corruzione. La misura cautelare era stata richiesta dalla Procura agli inizi di novembre e arriva dopo gli interrogatori degli indagati, come previsto dalla normativa, prima della decisione del giudice.

Nel provvedimento il Gip ha accolto solo in parte le richieste della Procura, disponendo misure restrittive per alcuni degli indagati e respingendole per altri. In particolare, è stata rigettata la richiesta di arresto per il deputato Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati, così come per il deputato regionale Carmelo Pace e per altri dieci coinvolti nell’indagine, che al momento non sono destinatari di alcuna misura cautelare. L’inchiesta, che riguarda appalti e presunti meccanismi corruttivi collegati alla gestione di strutture sanitarie e servizi, resta comunque aperta e in evoluzione.

Le accuse contestate, i domiciliari e le altre misure decise dal giudice

Oltre a Cuffaro, il Gip di Palermo ha disposto gli arresti domiciliari per Roberto Colletti, ex manager dell’azienda ospedaliera Villa Sofia, e per Antonio Iacono. Per loro, come per l’ex presidente della Regione, la contestazione riguarda reati che ruotano attorno alla gestione di appalti e rapporti tra sanità, imprenditoria e politica. La misura cautelare è stata ritenuta necessaria dal giudice per evitare il rischio di inquinamento probatorio o di reiterazione delle condotte contestate.

Per altre figure coinvolte il Gip ha scelto misure meno afflittive. L’ex braccio destro di Cuffaro, Vito Raso, dovrà sottostare all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, un vincolo che impone controlli periodici presso le forze dell’ordine. Per Mauro Marchese e Marco Dammone è stato disposto lo stesso obbligo di presentazione, affiancato però da una misura interdittiva: per un anno non potranno esercitare attività imprenditoriali né ricoprire uffici direttivi in persone giuridiche, come società o enti.

Il quadro cambia per altri undici indagati, per i quali la Procura aveva chiesto i domiciliari. In questo gruppo rientrano Antonio Abbonato, Ferdinando Aiello, Paolo Bordonaro, Alessandro Caltagirone, Giuseppa Di Mauro, Vito Fazzino, Sergio Mazzola, Carmelo Pace (capogruppo all’Assemblea Regionale Siciliana della Democrazia Cristiana), Paolo Emilio Russo, Giovanni Giuseppe Tomasino e Alessandro Vetro. Per tutti loro il Gip ha respinto la richiesta di domiciliari e non ha applicato alcuna misura cautelare, ritenendo evidentemente non sussistenti, allo stato degli atti, le esigenze tali da giustificare limitazioni della libertà personale.

La decisione del giudice evidenzia una valutazione differenziata delle posizioni dei singoli indagati: mentre per alcuni è stata ritenuta necessaria una forte misura restrittiva, per altri l’assenza di provvedimenti cautelari non esclude il prosieguo delle indagini, ma segnala che il livello di pericolo attuale è stato giudicato minore. Intanto, Cuffaro, che in relazione all’inchiesta ha dichiarato di essere fiducioso nella giustizia, dovrà attenersi in modo rigoroso alle prescrizioni imposte dal giudice.

Assemblea regione siciliana
Assemblea Regione Siciliana – Bagheriainfo

Divieto di comunicazione, niente braccialetto elettronico e sviluppi dell’inchiesta

Il provvedimento porta la firma del Gip Carmen Salustro, che ha scelto per Cuffaro e per gli altri due indagati ai domiciliari un regime restrittivo specifico. Pur disponendo la detenzione domiciliare, il giudice non ha ritenuto necessario l’uso del braccialetto elettronico, spiegando che «non emergono particolari esigenze tali da imporre il costante monitoraggio». Si tratta di una valutazione che bilancia la gravità delle accuse con il profilo personale degli indagati e le esigenze di controllo ritenute sufficienti.

Contestualmente, il Gip ha imposto il totale divieto di comunicazione, una prescrizione che mira a escludere qualsiasi possibilità di contatto con gli altri coindagati o con terzi riconducibili alla pubblica amministrazione o al mondo dell’imprenditoria. Il divieto ha l’obiettivo di impedire possibili interferenze sull’inchiesta, come la manipolazione di prove, la concordazione di versioni dei fatti o il condizionamento di testimoni e soggetti coinvolti nelle procedure di gara e negli appalti sotto esame.

Le misure cautelari disposte in questa fase non rappresentano una sentenza di colpevolezza, ma strumenti previsti dall’ordinamento per tutelare lo svolgimento delle indagini in presenza di ipotesi di reato considerate gravi. Il procedimento penale proseguirà con l’acquisizione di ulteriori atti, interrogatori, verifiche documentali e riscontri sui rapporti tra sanità, appalti pubblici e soggetti privati coinvolti. Sarà nel corso del dibattimento, qualora si arrivi a processo, che verrà accertata la responsabilità o l’innocenza di ciascun imputato.

L’inchiesta di Palermo su sanità e appalti, che coinvolge figure politiche, ex manager e imprenditori, si conferma dunque come uno dei fronti giudiziari più delicati del momento, con possibili ricadute sia sul piano istituzionale sia su quello della gestione dei servizi sanitari. Per ora, il quadro è quello di una indagine complessa in cui il Gip ha tracciato una prima linea di distinzione tra posizioni ritenute più esposte e altre per le quali non è stato ravvisato il bisogno di misure restrittive, in attesa dei prossimi sviluppi giudiziari.