Pericolo al supermercato: in questa marca di acqua minerale ci sono un sacco di pesticidi | Passa i controlli e te la bevi ogni giorno

Un’indagine condotta in Svizzera rivela la presenza di metaboliti di pesticidi in diverse marche di acqua minerale. A rischio il concetto di purezza originaria.

Acqua minerale

Acqua minerale in bottiglia (Pixabay) - Bagheriainfo

Per decenni, l’immagine dell’acqua minerale è stata indissolubilmente legata a vette innevate, sorgenti incontaminate e un senso di purezza assoluta, protetta dalle profondità della terra. Tuttavia, una recente indagine condotta in Svizzera sta mettendo a dura prova questa narrazione idilliaca. Un test effettuato dalla rivista dei consumatori K-Tipp ha rivelato una realtà ben diversa: anche le falde acquifere profonde, da cui sgorgano le acque minerali che finiscono sulle nostre tavole, non sono più immuni dall’inquinamento antropico. Le analisi hanno evidenziato la presenza di residui di pesticidi, o più precisamente dei loro prodotti di degradazione, in diverse bottiglie, sollevando interrogativi non solo sulla sicurezza alimentare, ma sullo stato di salute del nostro ecosistema globale.

I dettagli dell’indagine: tracce invisibili in bottiglia

L’inchiesta svizzera si è concentrata sull’analisi di diverse marche di acqua minerale, incluse alcune molto note e distribuite a livello internazionale, oltre a marchi della grande distribuzione. I risultati di laboratorio hanno isolato la presenza di metaboliti del Clorotalonil, un fungicida ampiamente utilizzato in agricoltura per decenni, in particolare nella coltivazione di cereali, patate e ortaggi. Sebbene l’uso di questa sostanza sia stato vietato in Svizzera e nell’Unione Europea a partire dal 2020 a causa della sua potenziale cancerogenicità e dell’elevato rischio di contaminazione delle acque sotterranee, le sue tracce persistono nell’ambiente.

Ciò che il test ha rilevato non è il pesticida nella sua forma attiva, bensì i suoi metaboliti, ovvero le molecole che si formano quando la sostanza chimica originale si degrada nel terreno. Queste particelle, estremamente mobili e persistenti, sono riuscite a filtrare attraverso i vari strati geologici, impiegando anni, se non decenni, per raggiungere le falde profonde. In alcuni campioni analizzati, la concentrazione di questi residui ha superato i limiti di precauzione che solitamente si applicano all’acqua potabile di rubinetto, creando un paradosso in cui l’acqua imbottigliata, spesso venduta a un prezzo significativamente superiore, risulta chimicamente meno pura di quella che sgorga dagli acquedotti pubblici, i quali sono sottoposti a trattamenti di potabilizzazione più aggressivi.

Il mito della “purezza originaria” a rischio

La scoperta di pesticidi nell’acqua minerale colpisce al cuore la definizione legale e commerciale del prodotto stesso. A differenza dell’acqua potabile (quella del rubinetto), che può essere trattata chimicamente per essere resa sicura, l’acqua minerale naturale deve, per legge, possedere il requisito della “purezza originaria”. Questo significa che deve arrivare alla bottiglia esattamente come sgorga dalla sorgente, senza trattamenti di disinfezione o purificazione che ne alterino la composizione chimica e batteriologica. La presenza di inquinanti di origine antropica, come i pesticidi, fa vacillare questo pilastro normativo.

Se le barriere geologiche naturali non sono più in grado di filtrare le sostanze chimiche utilizzate in superficie, il concetto stesso di acqua minerale naturale rischia di diventare obsoleto. Le aziende imbottigliatrici si trovano ora di fronte a una sfida complessa: non possono filtrare l’acqua perché perderebbero la denominazione di “acqua minerale”, ma non possono nemmeno ignorare la presenza di contaminanti. Questo scenario evidenzia come l’inquinamento agricolo non sia un problema limitato ai fiumi o ai laghi superficiali, ma abbia compromesso in modo profondo e forse irreversibile anche le riserve idriche sotterranee che consideravamo sicure e intoccabili.

Persona con carrello
Persona con carrello al supermercato – Bagheriainfo

Implicazioni sanitarie e ambientali

Dal punto di vista tossicologico, è necessario mantenere un approccio equilibrato. Le concentrazioni rilevate dal test svizzero, sebbene preoccupanti dal punto di vista ambientale e normativo, sono generalmente molto basse (nell’ordine dei microgrammi o nanogrammi per litro) e, secondo le attuali valutazioni delle autorità sanitarie, non rappresentano un rischio acuto e immediato per la salute umana se consumate occasionalmente. Tuttavia, la scienza medica si interroga sempre più sugli effetti a lungo termine dell’esposizione cronica a basse dosi di inquinanti e sul cosiddetto “effetto cocktail”, ovvero l’interazione tra diverse sostanze chimiche assunte quotidianamente.

Inoltre, la presenza di metaboliti del Clorotalonil è un segnale d’allarme ecologico che non può essere ignorato. Indica che il ciclo dell’acqua è stato penetrato dalla chimica di sintesi fino alle sue radici più profonde. La risposta del settore non può limitarsi a rassicurazioni sulla conformità ai limiti di legge attuali, spesso ancora in fase di aggiornamento rispetto alle nuove scoperte analitiche. È necessaria una riflessione più ampia sulle pratiche agricole e sulla protezione delle zone di ricarica delle falde acquifere. Il test svizzero ci ricorda che non esistono confini impermeabili in natura: ciò che spargiamo sui campi oggi, potremmo ritrovarlo nel nostro bicchiere domani, anche se quel bicchiere viene riempito da una bottiglia sigillata che promette purezza alpina.