Questo è il supermercato più caro d’Italia: ci entri e spendi un sacco di soldi inutilmente | Ogni anno soldi bruciati così

Un’analisi approfondita sui prezzi della GDO in Italia. Scopri quali insegne e città registrano i costi più alti e come le differenze territoriali incidono sul portafoglio.

Supermercato

Supermercato (Pixabay) - Bagheriainfo

Negli ultimi anni, fare la spesa è diventata un’operazione che richiede sempre più attenzione e strategia. L’inflazione alimentare, pur avendo rallentato la sua corsa rispetto ai picchi post-pandemici, continua a erodere il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Di fronte a scaffali dove i prezzi sembrano costantemente rivisti al rialzo, la scelta del punto vendita non è più solo una questione di comodità logistica, ma una vera e propria necessità economica. Secondo le più recenti indagini di settore, tra cui l’autorevole report annuale di Altroconsumo, la differenza di spesa tra un punto vendita e l’altro può tradursi in un risparmio (o in un esborso extra) che supera i 3.000 euro annui per una famiglia media. Ma quali sono, dati alla mano, le insegne dove riempire il carrello costa di più?

La mappa delle insegne: dove il carrello pesa di più

Per determinare quali siano i supermercati più cari, è fondamentale distinguere tra le diverse tipologie di spesa: quella composta esclusivamente da prodotti di marca, quella mista e quella focalizzata sui prodotti più economici. Se i discount come Eurospin, In’s e Aldi si confermano inattaccabili sul fronte del risparmio, la situazione cambia drasticamente quando ci spostiamo verso i supermercati tradizionali e le botteghe di prossimità.

Dalle rilevazioni emerge che le insegne più costose tendono ad essere quelle legate ai format di “supermercato di quartiere” o market urbani, che fanno pagare la comodità della posizione centrale. Insegne come Carrefour Market e, in diverse rilevazioni locali, catene regionali come Tigre o alcuni punti vendita Conad (a seconda della gestione locale), risultano spesso nella fascia alta della classifica dei prezzi, specialmente per quanto riguarda il paniere misto. Anche Bennet e Il Gigante, pur offrendo una vasta gamma di prodotti, non si posizionano solitamente tra le opzioni più economiche per chi cerca il risparmio assoluto sui prodotti di marca leader.

Un dato interessante riguarda la fedeltà al marchio: se un consumatore decide di acquistare solo prodotti di brand famosi, la differenza tra i vari supermercati si assottiglia, ma resta significativa. In questo segmento, catene come Esselunga e Ipercoop riescono spesso a mitigare i prezzi grazie a forti volumi di vendita, mentre le catene più piccole o i franchising indipendenti faticano a mantenere prezzi competitivi, risultando di fatto l’opzione più onerosa per il consumatore finale.

Geografia del rincaro: le città più care d’Italia

Non è solo l’insegna a fare il prezzo, ma anche la latitudine. L’Italia si presenta spaccata in due, ma con sorprese che sfatano alcuni miti. Storicamente, il Nord Italia registra prezzi mediamente più alti rispetto al Sud, complice un costo della vita e di gestione dei punti vendita superiore. Tuttavia, le indagini mostrano che la concorrenza gioca un ruolo cruciale: dove c’è una maggiore densità di supermercati e discount, i prezzi tendono a scendere.

Tra le città più care per fare la spesa spiccano spesso Bolzano, Cremona e Bologna. Qui, una spesa standard può costare significativamente di più rispetto alla media nazionale. Al contrario, città come Napoli, Bari o Catanzaro offrono scontrini decisamente più leggeri. Un caso emblematico è quello del Lazio: Roma si posiziona in una fascia media, ma con oscillazioni enormi tra un quartiere e l’altro. Chi vive in città considerate “care” e si serve presso le insegne più costose sopra citate, subisce una “doppia tassazione” implicita che può pesare gravemente sul bilancio familiare.

Donna legge etichetta
Donna legge etichetta – Pexels – Bagheriainfo

Strategie di difesa: come orientarsi nella giungla dei prezzi

Di fronte a questo scenario, la consapevolezza diventa l’arma principale del consumatore. Sapere che una determinata catena è statisticamente più cara non significa doverla evitare a priori, ma implica un approccio d’acquisto diverso. I supermercati più costosi puntano spesso sulla qualità del fresco, sul servizio al cliente e sulla profondità dell’assortimento di nicchia, giustificando così il prezzo più alto.

Tuttavia, per i beni di largo consumo, l’analisi dei dati suggerisce di diversificare i luoghi di acquisto. Le differenze di prezzo sullo stesso prodotto tra l’insegna più cara e quella più economica nella stessa città possono arrivare al 200%. Il consiglio degli esperti è quello di sfruttare la “spesa mista”: acquistare i prodotti base e a lunga conservazione nei discount o negli ipermercati più convenienti, e riservare la visita ai supermercati di fascia alta (come Carrefour Market o le catene regionali premium) solo per offerte specifiche o prodotti freschi particolari che non si trovano altrove. In un momento storico in cui l’inflazione morde, la fedeltà a un’unica insegna è un lusso che pochi possono ancora permettersi senza conseguenze sul portafoglio.