Sembra una pizza ma non lo è al 100%: si chiama Lumera e la fanno in una sola città siciliana | Tra tradizione contadina e street food moderno

Lumera di Noto

Lumera di Noto (Web) - Bagheriainfo

Nel cuore della Val di Noto resiste la lumera, una specialità da forno a metà tra pizza e focaccia, con il caratteristico bordo ripiegato che ricorda un’antica lanterna.

La Sicilia è da sempre una terra di pane, forni e street food, dove ogni provincia custodisce impasti, farciture e forme proprie. Nella zona di Noto, tra campagne, muretti a secco e barocco, c’è una preparazione meno famosa di arancine e scacce ma amatissima dai locali: la lumera. Si presenta come una sorta di pizza rotonda, condita con pomodoro dolce, formaggio Ragusano e basilico, ma il suo tratto distintivo sta nel cornicione: l’impasto viene ripiegato verso l’interno, fino a formare una cornice che richiama, nella forma, una piccola lampada.

Questa specialità tipica della Val di Noto vive soprattutto nei panifici di quartiere e nelle gastronomie che continuano a lavorare come un tempo, tra lunghe lievitazioni e forni roventi. Non è solo una “bizzarra pizza siciliana”, ma un cibo che racconta la storia di un territorio, dei suoi ingredienti e delle abitudini delle famiglie contadine, dove bastavano pochi elementi – farina, pomodoro, formaggio, olio buono – per mettere in tavola qualcosa di sostanzioso e conviviale.

Origini, simbologia e legame con la Val di Noto

Come racconta Il Gambero Rosso, la lumera nasce in contesti casalinghi e popolari, come preparazione di recupero in cui l’impasto del pane diventava la base perfetta per una focaccia condita. La ricetta affonda nelle abitudini della cucina rurale: impasti semplici, cottura in forno a legna e condimenti essenziali, legati alla stagionalità. Per questo viene spesso accostata ad altri rustici siciliani come la scaccia ragusana, lo scifitieddu modicano o la vastedda, con cui condivide la logica di partenza: una pasta lievitata, la salsa di pomodoro e l’uso generoso di formaggi e verdure locali.

Il nome, però, la rende unica. “Lumera” in dialetto significa “luce”. L’etimologia rimanda alle antiche lanterne greco-romane o ai lumi che un tempo rischiaravano case e cortili nelle serate d’estate. Guardando la preparazione dall’alto, la forma rotonda con i bordi ripiegati verso l’interno richiama proprio l’idea di un piccolo lume, con il cuore centrale – il condimento – che sembra emettere luce. Una simbologia che lega questa pizza rustica non solo all’alimentazione quotidiana, ma anche all’immaginario di una Sicilia illuminata da lampade a olio, forni e braci.

Nella Val di Noto, territorio noto al mondo per il barocco e per i prodotti agricoli, la lumera è anche una sorta di prodotto identitario. I panifici la propongono accanto a pane, focacce e altre specialità, spesso nelle prime ore della giornata o in occasione di feste e ricorrenze. È uno di quei cibi che non hanno bisogno di grandi presentazioni: basta l’odore, il colore del pomodoro e il profumo del Ragusano Dop che fonde in cottura per raccontare, da soli, un intero paesaggio gastronomico.

Come si prepara la lumera e come viene celebrata

Alla base della lumera c’è un impasto lievitato molto semplice. Si scioglie il lievito di birra in acqua tiepida, spesso con un piccolo cucchiaino di miele o zucchero per attivarlo meglio. Si uniscono poi due farine, di solito una bianca e una di semola di grano duro, insieme a olio extravergine e sale. Si lavora fino a ottenere un impasto liscio, elastico e morbido, che viene lasciato riposare per un paio d’ore a temperatura ambiente, il tempo necessario per una buona lievitazione.

Una volta raddoppiato di volume, l’impasto viene diviso in porzioni uguali e steso con il mattarello in dischi sottili. Questi si adagiano sulle teglie leggermente unte e riposano ancora per pochi minuti. A questo punto entra in gioco il condimento: sulla superficie si spalma una generosa salsa di pomodoro, profumata e leggermente dolce, lasciando libero il bordo esterno. Si aggiungono olio, sale e il formaggio Ragusano Dop, tagliato a listarelle o a piccoli bastoncini, che in forno si scioglierà senza perdere la sua personalità.

Il passaggio più caratteristico è legato al cornicione ripiegato. Il bordo dell’impasto, invece di essere lasciato libero come in una normale pizza, viene portato verso l’interno con quattro pieghe decise, creando quasi una cornice a “quattro lati” che racchiude il condimento. Questa chiusura parziale non solo richiama la forma di una lampada, ma contribuisce anche a trattenere meglio i succhi del pomodoro e del formaggio, regalando un centro morbido e saporito e un bordo più consistente, da strappare e intingere.

La cottura avviene in forno ben caldo, tradizionalmente a legna, finché il bordo non risulta dorato e il condimento perfettamente amalgamato. Il risultato è una preparazione a metà strada tra pizza e focaccia, facile da mangiare anche in piedi, ideale come street food o come piatto unico condiviso in famiglia. Non stupisce che, attorno alla lumera, nel centro storico di Noto sia nata anche una festa dedicata, con concorsi e degustazioni che premiano le versioni più riuscite e creative. La “Festa della Lumera” è diventata così un’occasione per valorizzare il lavoro dei panifici, arricchire il calendario estivo e confermare il ruolo di questo prodotto come ambasciatore della tradizione locale.

Oggi la lumera continua a essere un simbolo di cucina povera ma ricca di significato, capace di unire memoria, tecnica e ingredienti semplici. Chi la assaggia scopre una pizza “diversa”, che parla di case di campagna, di forni accesi e di una Sicilia che ama raccontarsi attraverso l’impasto e il profumo del pomodoro. Un piccolo cerchio di pasta che, con il suo bordo ripiegato, sembra davvero portare con sé un filo di luce.