Casa e arredi al 50% | Bonus mobili 2025 con tetto a 5.000€: il dettaglio che fa perdere la detrazione
casa e arredi (Pexels) - Bagheriainfo
Il Bonus mobili 2025 conferma la detrazione al 50% ma abbassa l’asticella degli errori: basta un passaggio formale fuori posto per vedere sfumare l’agevolazione, anche con spese sostenute correttamente.
Il Bonus mobili ed elettrodomestici resta una leva utile per rinnovare casa approfittando della detrazione al 50% in dichiarazione dei redditi. Per il 2025 il beneficio è agganciato a un tetto di spesa più contenuto, pari a 5.000 euro, e riguarda l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici destinati all’immobile oggetto di interventi edilizi. Sembra semplice, ma il perimetro è preciso e non tollera leggerezze.
La regola d’oro è che l’acquisto degli arredi deve avere un collegamento diretto con i lavori. Questo significa rispettare tempi, pagamenti e documentazione, perché la detrazione non è automatica. Secondo l’Agenzia delle Entrate, ciò che conta non è solo cosa si compra, ma come e quando: il nesso con i lavori va dimostrato e i pagamenti devono essere tracciabili. È qui che si annida il dettaglio capace di azzerare il vantaggio fiscale.
Il nesso con i lavori: perché la data conta più dello scontrino
Il Bonus mobili non vive di vita propria: nasce come “figlio” del bonus ristrutturazioni. In pratica, la detrazione sugli arredi spetta soltanto a chi sostiene anche spese per interventi edilizi sull’immobile. Il punto decisivo è il momento di inizio dei lavori: gli acquisti agevolati devono avvenire dopo l’avvio degli interventi. Se mobili o elettrodomestici vengono comprati prima di quella data, la detrazione svanisce. Non basta avere il progetto in tasca o il preventivo firmato: serve una data certa che dimostri l’effettivo avvio, come le pratiche edilizie protocollate o i primi pagamenti ai fornitori dei lavori.
Il tetto di spesa per il 2025 è fissato a 5.000 euro per ogni unità immobiliare (comprensivo di pertinenze) e la detrazione al 50% si ripartisce in dieci quote annuali di pari importo. Rientrano anche le spese di trasporto e montaggio, purché pagate con strumenti tracciabili. Il tetto non è cumulabile tra più immobili né si somma tra comproprietari: il limite riguarda l’unità e si consuma man mano che si spende. È possibile frazionare gli acquisti, ma superato il massimale l’eccedenza non dà diritto ad alcun beneficio.

Il dettaglio che fa perdere tutto: pagare nel modo sbagliato
Il caso più insidioso è quello dei pagamenti. Per il Bonus mobili, spiega l’Agenzia delle Entrate, non è obbligatorio il cosiddetto “bonifico parlante” usato per i lavori edilizi, ma restano necessari pagamenti tracciabili: carte di credito o debito, bonifico bancario ordinario, finanziamento intestato al beneficiario con erogazione provata. Un pagamento in contanti, con assegno o tramite strumenti non riconducibili al contribuente fa decadere la detrazione anche se la merce e le fatture sono ineccepibili. L’uso della carta di credito rileva alla data di transazione, non all’addebito: un altro dettaglio che può incidere sul periodo d’imposta.
Attenzione anche alla coerenza dei documenti. La fattura deve riportare beni agevolabili e dati del contribuente che richiede il beneficio; lo scontrino “parlante” può sostituirla solo se contiene natura, qualità e quantità dei beni e il codice fiscale dell’acquirente. Il collegamento all’immobile va mantenuto: gli arredi devono essere destinati alla casa oggetto dei lavori, e la detrazione spetta allo stesso soggetto che sostiene sia le spese di ristrutturazione sia quelle per i mobili. Restano necessari i requisiti minimi di efficienza per i grandi elettrodomestici e la conservazione di fatture e ricevute di pagamento, perché in caso di controllo l’onere della prova è del contribuente, secondo l’Agenzia delle Entrate. In altre parole, acquisto dopo l’inizio lavori, tracciabilità e documenti allineati sono la triade che salva l’agevolazione.