Sulla libertà di stampa a Bagheria

Se la libertà di stampa significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire”.

Le parole di George Orwell ci sembrano le più efficaci per avviare una seria riflessione sull’informazione locale valida per il presente e soprattutto, speriamo, per il futuro.

Eravamo presenti anche noi alla tavola rotonda sull’informazione a Bagheria svoltasi lo scorso 27 giugno presso l’auditorium San Pietro. In quell’incontro abbiamo riconosciuto una proficua occasione di dibattito, aperto alle varie sensibilità della cittadinanza, volto a fondare una presa di coscienza sempre più diffusa del reale valore dell’informazione nella società in cui viviamo.

Ci era parso di intravedere, nonostante l’assenza della componente politica dell’amministrazione comunale, un buon punto di partenza per instaurare un clima di “distensione” che consentisse di mettere un punto e voltare pagina, rispetto ad un quadro nel quale la stampa veniva mortificata pubblicamente e con una facilità degna di altri tempi e contesti.

A distanza di appena qualche mese, non possiamo che constatare che nulla è cambiato.

Ed anzi, successivamente alla divulgazione della notizia, da parte di Bagheria news, dell’acquisizione di documentazione da parte dei Carabinieri presso gli uffici del Segretario Generale del Comune di Bagheria, abbiamo assistito ad un allarmante inasprimento dei toni, spesso sfociato in veri a propri atteggiamenti di sistematica rappresaglia e denigrazione nei confronti della stampa sul web e sui social.

Oggi appuriamo che quella notizia non solo trova conferme, ma risulta persino ricollegata a vicende ben precise, per altri versi già venute alla ribalta delle cronache, poste sotto la lente di ingrandimento delle autorità inquirenti.

Non vogliamo in questa sede ergerci a paladini o prestare il fianco a polemiche strumentali, intendiamo invece porre ancor più sotto i riflettori una questione di vitale importanza per la tenuta democratica della comunità bagherese. Nessuno è immune da errori e situazioni di occultamento della verità e della legalità sono purtroppo frequenti: anche il giornalismo, come la politica o la magistratura, non ne va esente. E tuttavia questi, qualora se ne verificassero gli estremi, andrebbero acclarati nelle sedi competenti con gli strumenti che la legge mette a disposizione, non certo con strategie da terrorismo mediatico che puntano a svilire, calpestare, polverizzare l’avversario di turno, sia esso politico, giornalistico o di altra sorta.

Altrimenti, ad essere in pericolo non è semplicemente la libertà di informare e di essere informati, bensì i beni che ne costituiscono fondamento, la libertà di esprimere il proprio pensiero e, in definitiva, la libertà di dissentire.

Lì dove il dissenso è invisibile, nascosto o represso, non può esserci democrazia.

Solidarietà piena e rinnovata a tutti i giornalisti bagheresi che compiono il proprio lavoro con passione, dedizione e spirito di servizio verso la propria comunità.

I Coraggiosi con Ferrandelli ComitatoCoraggio Bagheria!

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